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Coronavirus e ripartenza, così si ritorna alla vita

Maria Sole Sanasi d'Arpe
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Hanno aperto le gabbie! Mai modo di dire si è forse più allineato alla concretezza odierna della vita. E che vita. Quella che ci è parsa sfuggire dalle mani quasi improvvisamente, con tutti i progetti e sogni annessi. Ma cosa significa veramente tornare alla vita? O meglio: com'è che si torna a fare ciò che non abbiamo scelto noi di recidere dal nostro quotidiano ma a cui, per un evento del tutto estraneo alla nostra volontà e alle nostre possibilità, ci è stato imposto di rinunciare? E come si riconquista realmente la libertà, anzi: come si esercita? Già, perché se è vero che ciò che non si allena poi funziona male – anche la nostra libertà va esercitata per poterne effettivamente e nuovamente godere. Ne Il ritorno (The return, 1898) Joseph Conrad scriveva di una giovane coppia di sposi che per temperare l'impatto di un ritorno forte e men che mai graduale in ragione di un tradimento, s'immergeva nella routine senza pensare. E invece noi dopo un fermo obbligato, sentiamo la necessità di pensarla questa libertà. E di assaporarla. Ed anche di vederla diversa, senza rituffarci nella routine che precedeva il lockdown come niente fosse. Ecco perché questa libertà ritrovata non ha senso snobbarla o svilirla con atteggiamenti nichilistici di avversione e sfiducia nel domani. Anche perché, è il caso di dirselo, lo snobismo generale e diffuso posa su basi assai incerte ed altrettanto instabili; quelli che snob lo sono veramente non potrebbero permetterselo – e i pochi che forse se lo potrebbero permettere, il più delle volte lo sembrano e basta senza poi esserlo realmente.  Per approfondire leggi anche: Caffè e cibo da asporto, pochi lo fanno ma piace D'altra parte non sarebbe neanche giusto addossarci l'un l'altro un qualche senso di colpa o di irresponsabilità per il comprensibilissimo desiderio di porre fine a questa quarantena e per volerci seppure amaramente scherzare sopra: per alleggerire il peso di timori e tremori (come direbbe Kierkegaard) ancora troppo pesante da metabolizzare. E allora, bando alle ciance. Dopo essere finalmente atterrati in questo stadio sospeso ed intermedio di aufhebung - che supera ma al contempo interiorizza ciò che abbiamo passato - meglio noto come fase 2, buttiamoci. No, non a mare: per quello bisogna aspettare e parecchio. No, non al ristorante: lì ci vogliono i distanziatori di plexiglass (l'oro del 2020) tra una persona e l'altra, quasi come il mantello dell'invisibilità di Harry Potter. No, non fuori della propria regione - ma potremo (forse) girare senza autocertificazione e pure "viaggiare" tra una città e l'altra. E no, non senza mascherine: soltanto all'aperto non sono obbligatorie (e sono difficili da trovare). E ancora no, non al museo: quelli riaprono il 18 maggio, insieme con le biblioteche e gli archivi. No, non a comprare vestiti nei negozi, che riaprono l'11 maggio. No, non a tagliare le ormai folte chiome: perché riaprano parrucchieri ed estetisti bisogna aspettare il 1° giugno – ma è lunedì, allora tocca slittare al 2, che però è festa nazionale. E poi no, nemmeno a scuola: riaprirà a settembre e per ora l'unica certezza è che gli edifici scolastici subiranno una ristrutturazione tempestiva. E in ultimo no, non tra le braccia del vostro prossimo – o almeno non di chiunque: ci si vede soltanto tra gli ultra discussi congiunti, considerati tali soltanto se affetti stabili; “amici inclusi” avevano detto “ma anche questi che siano veri”. Fino a questo momento non ero al corrente esistesse un termometro dell'amicizia e dell'affetto. E ogni quanto bisognerebbe vedersi/sentirsi nel corso di una vita per misurare veridicità ed intensità di un legame? Io ho amiche e amici che vedo una volta ogni mai e per cui nondimeno nutro un affetto profondo - e se sentissimo l'esigenza di rivederci proprio adesso, non potremmo per via della nostra amicizia "intermittente ai sensi del Dpcm"? Se abbiamo accettato di farlo per tutelare la nostra salute e quella degli altri, non possiamo certo rinunciarvi in nome di un etilometro del rapporto. Ed infatti dietrofront, neanche il tempo di pensarci che è arrivata la smentita: niente più amici, scordateveli. Ma alt! Non è mica finita qui, dal governo ci hanno fatto sapere che «Non dovrà essere un liberi tutti». Ah ok , del fatto che non possiamo ricominciare a fare quasi niente, non si era capito. Grazie per avercelo spiegato. Però questo quasi niente – udite, udite – lo faremo non per forza nei pressi della nostra abitazione. Pur continuando a mantenere la distanza di almeno un metro, mascherine al chiuso ed il famigerato divieto di assembramento. Con la raccomandazione ai malati di non provare ad uscire, poiché si incorrerebbe inevitabilmente in una denuncia per procurata epidemia. Ci consigliano inoltre di tenere a casa anche gli anziani, sebbene il range d'età sia difficile da stabilire: pare cambi a seconda della convenienza, e quasi mai quella degli anziani. Gli intrepidi runners invece potranno tornare a correre, anche in bici, purché mantengano la distanza di due metri l'uno dall'altro o ancor meglio escano per una corsetta solitaria. Ci raccomandano insomma una certa organizzazione, uno specifico orientamento. E mentre i bambini tornano al parco, i figli dai padri, gli sportivi sull'asfalto e tutti noi (speriamo) di ritornare alla vita - i boss , alcuni di loro, tornano a casa; o speravano di tornarci: come Cutolo dal 41bis. E date le sempre peggiori condizioni di salute, anche per lui occorrerà una buona dose di “orientamento” – come per ‘o professore di Vesuviano alias Ben Gazzarra, nel film di Tornatore dell'86 ispirato alla sua vita.

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