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Il Papa invoca la fine della pandemia del coronavirus: "Svegliati Signore!"

Papa Francesco durante l'omelia di venerdì 27 marzo, in una piazza deserta

"Siamo tutti nella stessa barca. Questo è il tempo del nostro giudizio"

Valeria Di Corrado
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Al crepuscolo, in una piazza San Pietro insolitamente deserta e silenziosa, sotto la pioggia che cade fitta su Roma, arriva a piedi Papa Francesco e sale zoppicando la scalinata che porta al sagrato della Basilica. Con il suo abito talare bianco è un puntino di luce nel buio. Sulla sua destra troneggia il Crocifisso miracoloso della chiesa di San Marcello al Corso (lo stesso che nel 1522 venne portato in processione nei quartieri di Roma per liberare la città dalla "grande peste"), sulla sua sinistra l'immagine della Vergine Salus Populi Romani. Comincia a parlare con la voce ancora affaticata. Ha il viso contrito, un'espressione addolorata. In sottofondo si sente soltanto il garrito sinistro dei gabbiani e le sirene delle ambulanze. «Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell'aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda». La metafora della tempesta calza a pennello per descrivere l'epidemia che sta flagellando l'intera popolazione mondiale. Nessuno è immune al coronavirus. Gli "inquilini" del pianeta Terra (distanti geograficamente, diversi per cultura, religione e forma di governo) si sono ritrovati improvvisamente in una bufera. Hanno perso l'orientamento e si sono ritrovati a bordo della stessa barca, scoprendo di essere interdipendenti l'uno dall'altro: il comportamento di ciascuno (nel bene e nel male) influisce sull'altro; se la barca affonda, muoiono tutti. «La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra - spiega il Santo Padre - come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine». «In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto - incalza Bergoglio - Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”». «Non è il tempo del Tuo giudizio, ma del nostro giudizio - avverte il Pontefice - è il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita». Il riferimento è ai veri eroi, da contrapporre ai "falsi miti": «Persone comuni, solitamente dimenticate, che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell'ultimo show - precisa il Santo Padre - ma stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell'ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo». Dopo la preghiera con l'Adorazione del Santissimo Sacramento, Papa Francesco lo ha innalzato impartendo la Benedizione «Urbi et Orbi» a tutti i cristiani presenti, non fisicamente nella piazza, ma collegati dai quattro angoli del pianeta attraverso la tv e internet. E' un momento che probabilmente resterà nella storia. «Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l'intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori». L'ultima immagine restituita dalle telecamere è quella del Crocifisso rivolto verso una città deserta: il volto di Cristo è rigato dalla pioggia. Sembrano lacrime. Le stesse lacrime dei familiari che in queste settimane stanno piangendo la morte di centinaia di migliaia di vittime in tutto il mondo: persone di tutte le età e le nazionalità, uccise da un nemico comune, invisibile e implacabile, che è il coronavirus.  

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