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Pecorino romano dop, Coldiretti Lazio: serve un patto di filiera per il rilancio

Nel Lazio vendite record ma solo 1 kg su 35 arriva dalle aziende locali: è inaccettabile e non rispetta la grande tradizione di questo territorio

Silvia Sfregola
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Una proposta di filiera, un patto di acciaio tra Coldiretti Lazio, i produttori e i rappresentanti della Grande Distribuzione per salvare il mondo dei pastori del Lazio. E' una battaglia volta a tutelare la storia di questo settore straordinario quella di Coldiretti. Un mondo la cui pratica più antica, quella della transumanza, è da qualche giorno tutelata anche dall'Unesco. Un mondo che esprime tradizioni e numeri importantissimi: 7mila allevamenti che valgono un indotto di 50mila unità su tutto il territorio regionale. E che esprime la forza di un settore che riesce a mantenere, proprio grazie alle greggi, intere porzioni di territorio anche sul piano geologico laddove le istituzioni non riescono più ad intervenire per l'evidente e atavica carenza di risorse. Ma non è tutto. Perché questa storia e questo potenziale hanno la necessità, per continuare ad esistere, di trovare soluzioni concrete che attualmente appaiono lontane. Oggi, nel Lazio, i prodotti ovicaprini rappresentano una punta di diamante sul piano delle vendite ma di queste solo una su trentacinque riguarda aziende di questo territorio. Ogni trentacinque chili di pecorino romano dop venduti, solo 1 kg è prodotto nel Lazio. E di quello prodotto nel Lazio meno della metà viene venduta nella nostra regione. Possiamo fare di più e dare la possibilità ai consumatori del nostro territorio di acquistare un prodotto che sia esclusivamente del Lazio. "È dunque evidente – spiega Coldiretti Lazio nella nota inviata ai rappresentanti della Grande Distribuzione - che, ripercorrendo le tracce della tradizione, il tema della difesa dei prodotti laziali è qualcosa di più che una questione campanilistica o legata a qualche bilancio. A tal proposito potremmo sottolineare che oggi la scelta di puntare sui prodotti locali resta strategica perché costituiscono una quota di mercato in continua crescita e questo nonostante il perdurare della crisi. Ma non è questo il punto, non solo almeno. Fermiamoci a riflettere e guardiamo con attenzione: in questo momento nel Lazio rischiamo di essere fagocitati dal mercato e di perdere la nostra storia che è il valore più importante che gli stessi consumatori riconoscono e ci riconoscono. Fatto, questo, acclarato anche grazie ai numeri che ci vengono offerti dall'andamento dei mercati contadini dove chi compra vuole avere la certezza di dare un contributo che vada oltre il proprio acquisto, che sostenga il territorio e salvi le tradizioni. La certezza di una acquisto etico. E noi tutti, compreso la Gdo, abbiamo la responsabilità di porci come potente mezzo culturale a difesa dei valori che i consumatori e tutti noi amiamo”. Da qui la richiesta avanzata da Coldiretti Lazio alla Gdo: un tavolo di confronto “per creare una progettualità significativa per costruire il futuro di tutta la filiera e per il nostro territorio”.

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