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Papa Francesco "grazia" la Raggi. Nell'Angelus salta il degrado di Roma

Carlo Antini
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«In questa festa dei patroni principali di Roma auguro ogni bene ai romani e a quanti vivono in questa città. Esorto tutti a reagire con senso civico dinanzi ai problemi della società». Nel giorno in cui la Capitale festeggia i Santi Pietro e Paolo, Papa Francesco torna sul tema dell'amore e il rispetto necessari verso i luoghi in cui si vive. Le parole potrebbero esser musica anche per la giunta della sindaca Virginia Raggi che da sempre chiede ai cittadini il massimo impegno nel custodire la città, se non che, nella prima versione dell'Angelus viene usata la parola «degrado» che il Papa questa volta, a differenza di quanto fatto celebrando il Corpus Domini a Casal Bertone, non pronuncia. E la parola "degrado", che una settimana fa si era unita ad "abbandono", fa subito pensare a una serie di criticità, a cominciare dai rifiuti, delle quali il Campidoglio non riesce a venire a capo. Affacciato alla finestra del palazzo Apostolico, Papa Bergoglio chiede «la forza di pregare per chi non la pensa come noi: pregare e amare, non sparlare» e «un cuore che sappia accogliere». «Fa bene apprezzare le qualità altrui, riconoscere i doni degli altri senza malignità e senza invidie - aggiunge - L'invidia provoca amarezza dentro, quando incontri un invidioso viene da chiedergli "con cosa hai fatto colazione, con caffè e latte o aceto?". L'invidia rende amara la vita». Il Papa ricorda, anche nella messa del mattino, l'insegnamento dei due patroni di Roma: «Testimoni di vita, testimoni di perdono, Pietro e Paolo sono soprattutto testimoni di Gesù - dice - Riscopriamoli dunque testimoni di perdono. Nelle loro cadute hanno scoperto la potenza della misericordia del Signore che li ha rigenerati. Nel suo perdono hanno trovato una pace e una gioia insopprimibili. Con quello che avevano combinato avrebbero potuto vivere di sensi di colpa: quante volte Pietro avrà ripensato al suo rinnegamento! Quanti scrupoli per Paolo, che aveva fatto del male a tanti innocenti! Umanamente avevano fallito. Ma hanno incontrato un amore più grande dei loro fallimenti, un perdono così forte da guarire anche i loro sensi di colpa. Solo quando sperimentiamo il perdono di Dio rinasciamo davvero. Da lì si riparte, dal perdono; lì ritroviamo noi stessi: nella Confessione». No ai «cristiani da copertina», ammonisce il Papa, ricordando che «quando ci riteniamo migliori degli altri è inizio fine».

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