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Salone di Torino, scelta da dittatura

Cacciata la casa editrice dell'intervista a Salvini: in Italia lecito solo il pensiero unico. Il giudice Nordio: "Ora chiudete le librerie giuridiche, vendono il codice di Mussolini"

Franco Bechis
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Tutti contenti di avere espulso dal salone del libro di Torino la casa editrice Altaforte, accusata dl fascismo dopo avere scoperto che aveva pubblicato un libro intervista al leader della Lega, Matteo Salvini. Fino a qualche giorno fa nessuno si era accorto di quella presenza fra gli standisti dell'editore che si dichiara militante convinto di Casapound e ammiratore di Benito Mussolini. Da anni libri assai più nostalgici campeggiavano nella stessa fiera e nessun presidente dell'Anpi se ne era lamentato rifiutando di andare in visita alla rassegna (presenza che per altro non la rende di particolare interesse). È evidente che il dagli all'editore fascista è stato del tutto strumentale e alla fine si rivelerà per quello che è: una grande operazione di marketing del signor Francesco Polacchi, l'uomo che ha pubblicato quella intervista a Salvini che scalerà le classifiche del venduto nazionale. Operazione di marketing di cui i principali promoter sono stati proprio quelli che in serie minacciavano defezioni, gridavano allo scandalo, si stracciavano le vesti: gli utili idioti del lancio del libro di Salvini e probabilmente di altre opere del catalogo di Altaforte. Alla fine dovremmo prenderla tutti sul ridere: un gran furbone questo Polacchi, che ha messo tutti nel sacco. Ma la sostanza di quel che è accaduto non fa così ridere, perché è molto seria. E fa parte della storia negata di un paese che dal 1948 in poi si è vestito da democrazia, trovando però una nuova dittatura: quella del pensiero unico che per lunghi decenni è stato il solo ad avere diritto di esistere nella scuola, nelle università, nella cultura. Il solo pensiero è stato quello marxista e di sinistra... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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