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Delitto Yara Gambirasio, il pg: l'assassino è Bossetti. E lui sbotta: solo idiozie

Massimo Bossetti

Silvia Sfregola
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Ergastolo per l'omicidio "pluriaggravato" di Yara Gambirasio con l'aggiunta di sei mesi di isolamento diurno, perché Massimo Bossetti dev'essere condannato anche per la calunnia nei confronti del collega di lavoro Massimo Maggioni, che nel tentativo disperato di discolparsi aveva indicato come possibile responsabile della morte della ragazzina. È questa la pena sollecitata dal Pg di Brescia, Marco Martani, per il muratore 44enne di Mapello, arrestato il 16 giugno 2014 e condannato in primo grado all'ergastolo per la morte della piccola ginnasta, scomparsa il 26 novembre del 2010 da Brembate di Sopra (Bergamo) proprio mentre tornava a casa dalla palestra. Il corpo della 13enne è stato trovato in un campo di Chignolo d'Isola, a pochi chilometri di distanza da casa, a tre mesi esatti di distanza dalla sua sparizione. E da lì sono iniziate le indagini, che attraverso analisi di laboratorio e test del Dna, dopo tre anni e mezzo hanno portato dritto a Bossetti. È durata oltre 5 ore la requisitoria del Pg Martani, che ha ricostruito con precisione tutte le fasi dell'indagine e tracciato le responsabilità del muratore senza concedere sconti. Prima del rappresentante dell'accusa ha preso la parola il presidente Enrico Fischetti che ha letto la sua relazione, nella quale ha riassunto le motivazioni della condanna all'ergastolo e i motivi d'Appello di accusa e difesa. Camicia bianca di lino senza colletto, jeans, taglio di capello fresco, pizzetto curato e abbronzatura d'ordinanza. Bossetti in aula è apparso in perfetta forma, quasi indifferente a quanto accadeva intorno a lui. I pochi sorrisi li ha riservati alla moglie Marita, seduta in seconda fila, alla quale all'inizio dell'udienza ha stretto le mani in segno d'affetto, alla madre Ester Arzufi, alla sorella Laura Letizia e ad alcuni amici e fan, in coda fin dalle prime ore del mattino per sostenerlo. Il muratore di Mapello è rimasto tranquillo mentre il Pg smontava le nuove prove a suo favore portate dai suoi difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che questa mattina hanno depositato una foto satellitare del campo di Chignolo d'Isola scattata il 24 febbraio 2011, appena due giorni prima che il corpo di Yara venisse ritrovato da un appassionato di aeromodellismo, perché il suo aereo era precipitato "a meno di un metro di distanza". "Quelle immagini - ha detto Martani - non provano nulla. "È vero che non si vede il corpo - ha fatto notare il Pg - ma non si vede come", data la scala delle immagini, fosse possibile individuare "la presenza di un cadavere che non spiccava dal punto di vista cromatico rispetto alle sterpaglie e era mezzo coperto" dalle fronde. Bossetti è rimasto impassibile anche quando il Pg ha sottolineato come la sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Bergamo abbia "una motivazione ineccepibile". "Per quanto riguarda la ricostruzione delle sua responsabilità - ha spiegato Martani - non si può obiettare nulla. La sentenza è logica e coerente anche con le relazioni dei consulenti". "Per la difesa - ha proseguito - quella che si è verificata è un'altra storia. Personalmente non ritengo che ci sia questa discrasia" tra la decisione dei giudici di primo grado e quanto è accaduto. Nessuna reazione nemmeno quando il Pg ha bollato come "al limite del grottesco" la ricostruzione della difesa, che sia in primo grado che nei motivi di Appello aveva parlato di una email scritta da David Vincenzetti, titolare della società informatica Hacking Team (presa a sua volta di mira dagli hacker), che faceva riferimento ai carabinieri del Ros che indagavano sulla morte di Yara e a un gruppo israeliano in grado di produrre Dna artificiale. "È una richiesta che sottende accuse gravissime ai nostri carabinieri - ha detto in aula il magistrato -. Non c'era nessuna intenzione di incastrare Bossetti". Per Martani, infatti, dopo tutti i test e le prove fatte dai Ris, dalla polizia scientifica e dai laboratori di diversi atenei "c'è l'assoluta certezza" che il Dna di Massimo Bossetti corrisponda esattamente a quello di Ignoto 1, trovato sugli indumenti della vittima. Secondo il Pg, a questo punto è inutile continuare a indagare sulle relazioni extraconiugali di Giuseppe Guerinoni (padre naturale dell'imputato grazie al quale si è risaliti a lui) perché ai fini del processo "non è rilevante anche se ci fossero altri figli naturali". "Il Dna - ha spiegato - può essere identico solo tra due gemelli omozigoti" e solo in quel caso si potrebbe sostenere che il muratore non sia la persona che ha lasciato la traccia biologica su slip e leggings della ragazzina rapita. L'unica occasione in cui Bossetti è sbottato, è stata quando il rappresentante dell'accusa ha parlato della compatibilità della fibre dei sedili del furgone Iveco del muratore con quelle trovate sugli abiti della 13enne. "Dice idiozie", ha gridato il carpentiere alzandosi in piedi. La protesta, però, è subito rientrata e, dopo aver lanciato delle occhiate d'intesa alla moglie, Bossetti è tornato a sedersi accanto ai suoi avvocati. Sguardo basso davanti a sé, il carpentiere non ha saputo nascondere la sua rabbia quando il Pg Martani poco dopo ha fatto il suo ultimo affondo. "Non è inverosimile - ha detto il magistrato - che Bossetti abbia tentato un approccio sessuale con Yara". Ipotesi, quella di fantasie sessuali sulle giovanissime, confermata dalle ricerche hard che Bossetti avrebbe fatto quando era solo in casa nel maggio del 2014, digitando sul computer di casa le parole "ragazzina 13enne rossa". Non deve stupire il fatto che l'imputato non provasse interesse per le bambine, anche perché "Yara - ha fatto notare il Pg - non era più una bambina ma una giovane donna". La sua attrazione per le adolescenti, per l'accusa, "non contrasta con la personalità dell'imputato". Per il Pg "è verosimile che Bossetti abbia incontrato Yara mentre stava andando verso casa" dalla palestra. "La ragazzina era in ritardo, era una serata fredda di pioggia mista a nevischio - ha aggiunto - e forse Bossetti si è fermato per chiederle se voleva un passaggio". L'aspetto del muratore di Mapello, che guidava un camioncino Iveco come tanti altri "lavoratori dell'edilizia", era rassicurante e "anche se non si conoscevano, è possibile che lui e Yara si fossero incrociati". Probabile quindi che la ragazzina abbia accettato di essere accompagnata a casa da quell'uomo che somigliava ai colleghi del padre geometra, che lavorava nei cantieri della zona. "Una volta che la ragazzina è salita a bordo del furgone - ha spiegato il Pg - può essere successa qualsiasi cosa. Come sono andati i fatti lo può dire solo Bossetti - ha aggiunto - che a questo punto, temo, non lo dirà mai non solo per salvaguardare la sua famiglia ma anche le sue relazioni sociali. In questo tipo di reati - ha concluso - la confessione è molto rara". Dopo di lui hanno preso la parola le parti civili. Si tornerà in aula il 6 luglio per le arringhe dei difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini.

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