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È morto don Andrea Gallo, il prete degli ultimi

Manifestazione per l'amnistia organizzata dai Radicali e dalla Rosa nel Pugno

Sempre in prima linea contro i diritti negati. I messaggi di cordoglio di Napolitano e Boldrini

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È morto oggi nella sua comunità San Benedetto del Porto don Andrea Gallo. Il sacerdote genovese è stato protagonista di tante battaglie per gli ultimi e gli emarginati, che talvolta lo hanno portato anche a vivere dei conflitti con la stessa istituzione ecclesiastica. Ed è stata proprio la sua lotta in prima linea contro i diritti negati, il suo essere in strada al fianco di disoccupati, immigrati, prostitute, il suo impegno a favore dei gay, a fare di quel «prete che si è scoperto uomo», come si legge sul sito della sua comunità, un riferimento importante per i movimenti antagonisti e la sinistra radicale e un grande amico di un altro genovese che seppe cantare gli ultimi, Fabrizio De Andrè. Don Andrea Gallo nasce a Genova il 18 luglio 1928 e viene immediatamente richiamato, fin dall'adolescenza, da Don Bosco e dalla sua dedizione a vivere a tempo pieno con gli ultimi, i poveri, gli emarginati, per sviluppare un metodo educativo simile all'esperienza di Don Milani, lontano da ogni forma di coercizione. Attratto dalla vita salesiana inizia il noviziato nel 1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici. Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove compie studi teologici: la dittatura che vige in Brasile, lo costringe, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l'anno dopo. Prosegue gli studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote l'1 luglio 1959. Un anno dopo viene nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi. Tuttavia, i superiori salesiani dopo tre anni lo rimuovono dall'incarico e nel '64 Andrea decide di lasciare la congregazione chiedendo di entrare nella diocesi genovese: «La congregazione salesiana - dice Andrea - si era istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione sacerdotale». Viene inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere: due mesi dopo viene destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine dove rimarrà fino al 1970, anno in cui verrà trasferito per ordine del Cardinale Siri. L'episodio che scatena il provvedimento di espulsione è un incidente verificatosi nel corso di una predica domenicale: lo descrive il settimanale «Sette Giorni» del 12 luglio 1970, con un articolo intitolato «Per non disturbare la quiete». Nel quartiere è stata scoperta una fumeria di hashish e l'episodio suscita indignazione nell'alta borghesia del quartiere: Andrea, prendendo spunto dal fatto, ricorda nella propria predica che sono diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare «inadatto agli studi» se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare «azione a difesa della libertà». Qualcuno dice che Andrea è oramai sfacciatamente comunista e le accuse si moltiplicano, fino a quando la Curia decide per il suo allontanamento dal Carmine. Questo provvedimento provoca nella parrocchia e nella città un vigoroso movimento di protesta ma la Curia non torna indietro e don Gallo rinuncia al posto offertogli all'isola di Capraia «che lo avrebbe totalmente e definitivamente isolato», si legge ancora sul sito della Comunità. Lasciare materialmente la parrocchia non significa per lui abbandonare l'impegno sociale: i suoi ultimi incontri con la popolazione, scesa in piazza per esprimergli solidarietà, sono una decisa riaffermazione di fedeltà ai suoi ideali ed alla sua battaglia. «La cosa più importante - diceva - che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra è che si continui ad agire perchè i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai. Ecco, per questo dobbiamo continuare a lavorare!». Qualche tempo dopo, viene accolto dal parroco di S. Benedetto, Don Federico Rebora, e insieme ad un piccolo gruppo nasce la comunità di base, la Comunità di S. Benedetto al Porto, la stessa dove si è spento oggi. Numerosissimi i messaggio di cordoglio tra cui quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e della Presidente della Camera Laura Boldrini.

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