
Almasri, Fratoianni & Co portano il migrante alla Camera e lui denuncia Meloni

Prima lo hanno portato a Montecitorio, per raccontare le torture di Almasri e alimentare così il polverone contro il governo. Poi direttamente in Procura, a «cartabollare» la denuncia nei confronti del premier Giorgia Meloni e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, che con il rimpatrio del generale libico avrebbero negato la giustizia al migrante torturato. L'assalto di Fratoianni&Co alla diligenza dell’Esecutivo segue la via giudiziaria. E dopo l’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, che ha portato il procuratore capo a iscrivere mezzo governo nel registro delle notizie di reato, ora arriva anche la denuncia di Lam Magok Biel Ruei, un sudanese di 32 anni che nel maggio del 2022 ha ottenuto il permesso di soggiorno e lo status di rifugiato.
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Lam era stato invitato dai due leader di Avs, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, a una conferenza stampa alla Camera lo scorso 22 gennaio, in pieno caos per la vicenda del rimpatrio del generale libico, rispedito a casa dopo che la Corte d’appello non aveva convalidato l’arresto per un cavillo sul mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale. E l’opposizione, sul piede di guerra contro la ragion di Stato esercitata dal governo, aveva dato voce alle presunte vittime delle torture di Almasri. Il Pd, con la segretaria Elly Schlein, i 5 Stelle, con il vice capogruppo Riccardo Ricciardi, +Europa, con il segretario Riccardo Magi, Italia Viva con la deputata Maria Elena Boschi, e Azione, con l’onorevole Matteo Richetti: tutti uniti sotto l’egida dei paladini dei diritti di Avs per mettere in scena il racconto degli orrori di alcuni tra i presunti torturati nella prigione libica di Mittiga dal generale Almasri.
«Siamo testimoni di tantissimi crimini dei quali è responsabile Almasri, che coordina direttamente quel meccanismo portato ancora avanti indisturbato, fatto di sparizioni forzate, torture, violenza e schiavitù», ha detto il sudanese David Yambio, cofondatore e portavoce di Refugees in Libya, lasciando poi la parola ai connazionali Mahamat Daoud e Lam Magok. «Almasri arrivò con una pistola e minacciò di uccidermi. Mi hanno torturato per cinque giorni, pensavo di morire», ha confessato Lam, rivolgendosi infine alla premier: «Com'è stato possibile riaccompagnare in Libia un sanguinario criminale ed assassino?». E ieri la sua esperienza è diventata un altro esposto in Procura, dopo quello di Li Gotti, per «favoreggiamento» sulla base delle «condotte di Nordio, Piantedosi e Meloni» che, secondo il denunciante, «hanno sottratto il torturatore libico alla giustizia».
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Nella denuncia del migrante, attualmente ospite di una struttura di Baobab Experience e assistito dall’avvocato Francesco Romeo, si sottolinea come «l'inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l'immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all'arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico».
Secondo il legale, «esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l'adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione. In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l'arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza».
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