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Anniversario Falcone, Tartaglia Polcini (El Pacto): i magistrati facciano rete per sconfiggere i narcos

Giuseppe China
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«La prevenzione e il contrasto del crimine transnazionale organizzato rafforzando la cooperazione giudiziaria internazionale. Anche a tal proposito il dottore Giovanni Falcone - afferma in un’intervista a Il Tempo il magistrato e vicedirettore del programma europeo El Pacto, Giovanni Tartaglia Polcini - è stato un pioniere, dimostrando già 40 anni fa con le sue indagini fa quanto sia importante questo approccio».

Concetti alla base dell’evento di tre giorni organizzato a Palermo dalla Procura nazionale antimafia, intitolato «Incontri di studio e coordinamento sul narcotraffico internazionale in onore di Giovani Falcone». Qual è l’obiettivo di tale iniziativa?
«Nel corso degli anni sono stati raggiunti risultati ragguardevoli come l’introduzione del reato di associazione di stampo mafioso in Ecuador e Brasile, norma che potrebbe essere inserita nella riforma del codice penale argentino. In Sudamerica, però, la produzione di cocaina è aumentata, dunque è necessario fare una riflessione per rilanciare questo tipo di cooperazione. Per essere ancora più espliciti: la criminalità organizzata ha immediatamente approfittato di globalizzazione e digitalizzazione con il fine di aumentare la sua minaccia; pure i magistrati devono fare rete. In concreto squadre investigative congiunte che indaghino insieme, evitando così di trasmettere fascicoli d’indagine da uno Stato all’altro in modo frammentario. E ancora: nel passato con le indagini venivano individuate le rotte dei narcotrafficanti poi subito sostituite, il prossimo passo è la cancellazione del loro percorso. Proprio per questo 150 tra procuratori e investigatori, provenienti da 18 Paesi, si sono riuniti a Palermo».

Produzione e commercializzazione della droga, oltre alla scia di sangue che ha ucciso tra gli altri il candidato alla presidenza dell’Ecuador Fernando Villavicencio e magistrati come Marcelo Pecci e César Suárez, sono gli effetti evidenti del narcotraffico. Ci sono anche conseguenze più nascoste?
«Se da una parte l’America Latina è il più grande produttore di cocaina, senza dimenticare le nuove droghe sintetiche come il Fentanyl che ha falcidiato un’intera generazione di statunitensi, dall’altra l’Europa rappresenta un enorme produttore di denaro illecito dato che nel Vecchio Continente vengono reinvestiti i proventi dell’attività criminale. Un’impresa supportata da un’associazione per delinquere ha una liquidità che droga i mercati, diventando una concorrente impossibile da battere per qualsiasi altra realtà imprenditoriale legale e onesta. Inoltre stiamo vivendo in un momento storico dove c’è una distorsione del messaggio, realizzata con l’esportazione del modello negativo principalmente attraverso letteratura e filmografia. In alcune aree del pianeta è cresciuta una “narco-cultura” che incide sulla formazione delle giovani generazioni».

Come si contrasta il fenomeno che ha appena descritto?
«Con la cultura della legalità, ricordando che la proposta delle associazioni mafiose è basata proprio sulla tolleranza culturale». 

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