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Terrorismo, allerta massima in Italia: dopo la minaccia Isis ora c'è pure quella sciita

Francesca Musacchio
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Dopo l’attacco dell’Iran contro Israele il mondo arabo e i gruppi terroristici legati al fondamentalismo islamico sono osservati speciali. Dai proxy iraniani (Hezbollah, Houthi, Fath al Islam e lo stesso Hamas), potrebbero arrivare ritorsioni contro obiettivi israeliani nel mondo. Secondo alcuni analisti, infatti, l’azione compiuta da Teheran potrebbe rafforzare «l’asse della resistenza», cioè quell'alleanza fra le milizie sciite della regione mediorientale guidate dall’Iran che dal 7 ottobre si sono unite alla guerra di Hamas contro Israele. Secondo un recente dossier dell'Ispi, «dal punto di vista geopolitico, l'Iran può contare su una costellazione di alleati e proxy armati i cui obiettivi non si sono finora disgiunti da quelli di Teheran». In Medio Oriente, la rete dei gruppi armati sostenuti dall'Iran oggi sarebbe più estesa e diversificata rispetto agli anni 2000. E in Italia, dove l’allerta sicurezza è ai massimi livelli dal 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco di Hamas contro Israele, si lavora per aumentare l’attività preventiva e ridurre il rischio su gli obiettivi sensibili. Per oggi, infatti, è prevista la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza convocata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ieri su X ha fatto sapere: «Grande attenzione per la situazione in Medio Oriente a seguito degli attacchi iraniani contro lo Stato di Israele. Sono in contatto con i prefetti delle città italiane e ho convocato, domani (oggi ndr) al Viminale, un comitato con i vertici delle Forze di Polizia e dell'intelligence per fare il punto sulla situazione. L'allerta sugli obiettivi sensibili é massima».

 

Tra i rischi che in queste ore preoccupano le Cancellerie europee e non solo, infatti, è che l’azione dell’Iran possa aprire una nuova stagione del terrorismo legata a gruppi come Hezbollah, Fath al Islam e Hamas che attraverso propaggini presenti in Occidente arrivino a colpire obiettivi israeliani fuori dallo Stato ebraico. E non sarebbe la prima volta. Nel 1992 e poi nel 1994, furono compiuti due attentati a Buenos Aires contro obiettivi israeliani entrambi attribuiti a Hezbollah e all’Iran. L’Argentina, infatti, ospita una tra le più grandi comunità ebraiche al mondo e quegli anni furono colpite rispettivamente l’ambasciata israeliana di Buenos Aires e gli uffici dell'Associazione Mutualità Israelita Argentina (AMIA). A tutto questo si aggiunge la minaccia di Isis e al Qaeda, che combattono gli infedeli da anni e non sono legati certamente a Teheran. Anzi, Isis a gennaio ha rivendicato l’attacco compiuto sulla tomba di Qassem Soleimani a Kerman, avvenuto durante la commemorazione del quarto anniversario della morte del generale ucciso nel 2020 vicino all’aeroporto di Baghdad con un attacco di droni statunitensi. Ma le divisioni (o presunte tali) tra il mondo arabo sunnita e sciita non fermano il terrorismo che dallo scoppio della guerra in Medio Oriente causata da Hamas, ha ritrovato nuovo vigore soprattutto tra i gruppi che si schierano con la causa palestinese in chiave anti occidentale.

 

Adesso, l’attacco dell’Iran contro Israele, per quanto un atto che non ha provocato danni, apre a nuovi scenari non solo nella regione ma anche oltre i confini dei Paesi interessati. E proprio dal mondo arabo sono arrivate le reazioni di alcuni Paesi a seguito del lancio di missili e droni da Teheran verso Israele. Se la Giordania, nella notte tra sabato e domenica, si è schierata apertamente con Israele partecipando insieme a Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti alla difesa per abbattere droni e missili in arrivo da Teheran, da altri Stati arabi, al momento, sono arrivate prese di posizione che esprimono preoccupazione e invitano le parti a fermare l’escalation, ma non la chiara condanna all’Iran. Dall’Egitto, all’Arabia Saudita, passando per Iraq, Qatar e Turchia la richiesta è la stessa: evitare che il conflitto dilaghi. Ma con qualche sfumatura. Mentre il presidente iracheno, Abdel Latif Rashid ha ribadito «la necessità di fermare l'aggressione contro la Striscia di Gaza e di trovare una soluzione alla questione palestinese dato che questa é un elemento fondamentale per la stabilità della regione», la Turchia ha fatto sapere di aver parlato con Teheran per comunicare che «non desidera una nuova escalation nella regione». 

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