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Reddito di cittadinanza, il caso dello scommettitore arriva alla Consulta: decisione drastica

Christian Campigli 
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Usare i soldi dei contribuenti per giocare alle slot machine, al bingo o puntare sul vincitore della trio al trotto non sarà più possibile. Quello che pareva essere una norma ovvia, logica e dettata dal buon senso, evidentemente, non lo era. Tant'è vero che la Corte costituzionale ha sentito il bisogno di metterla nero su bianco in una sentenza. Il reddito di cittadinanza "risulta strutturato in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere. Non è però irragionevole che il legislatore abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco. Ciò perché non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a rappresentare uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere". È quanto si legge nella sentenza n.54 del 2024, con la quale la Consulta ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli articoli 3, secondo comma, e 25 della Costituzione sulle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, che sanzionano penalmente l’omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere al Rdc o di mantenerlo.

 

La presa di posizione della Corte costituzionale, resa nota dall'agenzia di stampa Adnkronos, è stata sollevata dal Tribunale di Foggia e riguardano una persona che aveva chiesto il reddito di cittadinanza pur omettendo di dichiarare precedenti vincite al gioco e che non aveva poi comunicato le ulteriori vincite conseguite nel periodo in cui ha percepito il Rdc. Poiché la disciplina del Rdc vieta espressamente di utilizzarne gli introiti per il gioco, "i principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto, alterandone così la natura".

La sentenza ha poi precisato che "la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità, coincidente con l’accreditamento delle vincite sul suo conto gioco; non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere. Si rischierebbe altrimenti di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc". 

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