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Navalny, scontro sulle identificazioni. Piantedosi: "Non comprimono libertà"

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L’identificazione a Milano del gruppo di persone che a Milano ha ricordato Alexei Navalny, l’oppositore di Putin morto in una colonia penale in Siberia, diventa un caso. Della vicenda ha parlato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, proprio a Milano per la firma di un protocollo d’intesa sulla valorizzazione dei beni confiscati con la Regione Lombardia. Interpellato da cronisti sul punto, a margine dell’evento in Prefettura, Piantedosi ha risposto: «È capitato anche a me nella vita di essere identificato, non credo che che sia un dato che comprime una qualche libertà personale. L’identificazione delle persone è un’operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio». Parole che hanno provocato la reazione del senatore Pd, Filippo Sensi, il primo ieri ad aver sollevato il caso. «Se per Piantedosi identificare persone che portano un fiore per Navalny è normale, allora il problema non sono gli agenti e l’abuso di potere in uno stato di diritto. Il problema è Piantedosi», ha sentenziato l’esponente dem, annunciando un’interpellanza sulla vicenda. «Non è il modo con cui ci hanno identificati, ma è il motivo quello che non ci convince e che ci sfugge. Perché un gruppo di persone non può mettere dei fiori e una foto sotto una targa? È proibito da qualcuno?», continua a chiedersi invece Marina Davydova, tra i partecipanti al piccolo presidio organizzato sotto la targa intitolata alla giornalista Anna Politkovskaja.

Dopo la morte del dissidente russo «come associazione Annaviva - ha spiega Davydova a LaPresse - abbiamo pensato di incontrarci e di portare dei fiori e una foto di Navalny. Eravamo un gruppetto di circa 12 persone, italiani e russi, senza megafoni. Non era una manifestazione, ma un piccolo incontro per ricordare Navalny in silenzio e con una candela, come sta accadendo in tutto il mondo. Al nostro arrivo - ha proseguito la donna - c’erano già delle persone ad aspettarci in borghese. Inizialmente pensavamo fosse qualcuno intenzionato a partecipare al nostro appuntamento e invece poco dopo hanno chiesto a tutti quanti di favorire i documenti e anche l’indirizzo di residenza, senza fornirci un motivo. Una cosa che non ci aspettavamo». Nella ricostruzione della Questura, invece, tutto sarebbe nato a causa di una discrepanza tra il numero di partecipanti annunciati sabato (2 o 3 persone) e quelli effettivamente presenti alla commemorazione. Gli agenti della Digos, nel corso di un controllo, avrebbero trovato più persone rispetto a quanto preannunciato, mentre mancava il promotore. Vista la presenza di più partecipanti, gli agenti hanno così provveduto a identificare tutti i presenti, tra le 12 e le 20 persone. Una spiegazione che però continua a non convincere Davydova, oggi tornata ai giardini Politkovskaja: «Quello che hanno fatto le forze dell’ordine è corretto, ci hanno chiesto i documenti e noi li abbiamo forniti, non abbiamo detto no. È il motivo che non ci convince e che ci sfugge. Il massimo che potevamo fare - ha ironizzato la donna - era provocare un’allergia con i fiori». Intanto, l’identificazione ha sortito un primo effetto tra i cittadini russi che alle 17, spiega sempre Davydova dai Giardini, non sono tornati. «Ci siamo sentiti spaventati. Soprattutto cittadini russi non sono venuti qui stasera, anche se avrebbero dovuto e se hanno tutte le carte in regola, ma non avendo la cittadinanza italiana non è loro intenzione avere un qualsiasi problema con la legge italiana». Sulla stessa linea del Viminale, si è schierato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Il ministro Piantedosi - afferma il titolare della Farnesina - è una persona seria, credibile, le forze dell’ordine svolgono il loro lavoro con la massima serietà. Non bisogna strumentalizzare una normale operazione di controllo».

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