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Navalny, la Questura di Milano scaccia le critiche: “Obiettivo identificare il promotore”

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L'identificazione del gruppo di persone che ieri a Milano ha ricordato Alexey Navalny, l'oppositore di Vladimir Putin morto in una colonia penale in Siberia, diventa un caso. Della vicenda ha parlato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, oggi proprio nel capoluogo lombardo per la firma di un protocollo d'intesa sulla valorizzazione dei beni confiscati con la Regione Lombardia.Interpellato da cronisti sul punto, a margine dell'evento in Prefettura, Piantedosi ha risposto: "È capitato anche a me nella vita di essere identificato, non credo che che sia un dato che comprime una qualche libertà personale. L'identificazione delle persone è un'operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio".

 

 

"Non è il modo con cui ci hanno identificati, ma è il motivo quello che non ci convince e che ci sfugge. Perché un gruppo di persone non può mettere dei fiori e una foto sotto una targa? È proibito da qualcuno?", continua a chiedersi invece Marina Davydova, tra i partecipanti al piccolo presidio organizzato sotto la targa intitolata alla giornalista Anna Politkovskaja. Dopo la morte del dissidente russo "come associazione Annaviva - ha spiega Davydova a LaPresse - abbiamo pensato di incontrarci e di portare dei fiori e una foto di Navalny. Eravamo un gruppetto di circa 12 persone, italiani e russi, senza megafoni. Non era una manifestazione, ma un piccolo incontro per ricordare Navalny in silenzio e con una candela, come sta accadendo in tutto il mondo. Al nostro arrivo - ha proseguito la donna - c'erano già delle persone ad aspettarci in borghese. Inizialmente pensavamo fosse qualcuno intenzionato a partecipare al nostro appuntamento e invece poco dopo hanno chiesto a tutti quanti di favorire i documenti e anche l'indirizzo di residenza, senza fornirci un motivo. Una cosa che non ci aspettavamo".

 

 

Nella ricostruzione della Questura, invece, si è trattato di un "eccesso di zelo" da parte degli agenti. "Il personale si è recato sul posto al fine di identificare compiutamente il promotore dell'iniziativa, in quanto era pervenuta il 17 febbraio alla Questura un'email generica che preannunciava la presenza in loco di non più di tre persone", spiega in una nota. "Il presunto organizzatore, Boris Gonzhalenko, sconosciuto agli atti d'ufficio, aveva omesso di allegare copia del documento d'identità - un passaporto russo -, omettendo anche di precisare l'orario dell'iniziativa: informazioni che vengono ordinariamente indicate nell'atto di preavviso alla Questura", aggiungono. "L'intervento della pattuglia, trovatasi di fronte ad un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate, era finalizzato semplicemente a verificare con esattezza l'identità del promotore. La contemporanea identificazione di tutti i presenti, effettuata d'iniziativa dagli operanti per un eccesso di zelo, non aveva alcuna finalità di impedire l'esercizio delle libertà dei partecipanti all'iniziativa".

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