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Petrolio sempre più caro. I prezzi della benzina saliranno ancora

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Leonardo Ventura
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I prezzi del petrolio volano dopo che l’Arabia Saudita e la Russia hanno annunciato la decisione di prorogare i rispettivi tagli alla produzione fino a fine anno. In particolare il Brent ha superato ieri i 90 dollari al barile, ai massimi dallo scorso novembre, per poi ripiegare a 89,63. Il Wti ha viaggiato a 86,59 dollari al barile. Inevitabile la ripercussione sui prezzi al distributore che sono già ripartiti all’insù. Nel dettaglio l’Arabia Saudita continuerà a tagliare la sua produzione di petrolio di un milione di barili al giorno (bpd) per «altri tre mesi», da ottobre a dicembre 2023, mantenendo la sua strategia volta a sostenere i prezzi del greggio, ha affermato il ministero dell’Energia. I tagli da parte del principale esportatore di greggio al mondo sono stati annunciati a giugno in seguito a una riunione dell’Opec+ e sono entrati in vigore per la prima volta a luglio. L’Opec+ riunisce i membri dell’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, guidati dall’Arabia Saudita, e gli Stati alleati, tra cui la Russia.

 

 

«La produzione del Regno per ottobre, novembre e dicembre sarà di circa nove milioni di bpd», ha dichiarato il ministero in una nota. Secondo il quale, questa strategia sarà «rivista su base mensile con l’obiettivo di ridurre o aumentare ulteriormente la produzione». Questa politica è volta a «sostenere la stabilità e l’equilibrio dei mercati petroliferi», ha aggiunto. Riyadh aveva annunciato una proroga per settembre, avvertendo che avrebbe potuto essere «rafforzata» anche oltre. L’annuncio di ieri arriva lo stesso giorno di quello della Russia, che ha dichiarato di voler mantenere la riduzione di 300mila bpd delle sue esportazioni di petrolio fino alla fine dell’anno. Questa misura «mira a rafforzare le misure precauzionali adottate dai Paesi Opec per mantenere la stabilità e l’equilibrio dei mercati petroliferi», ha dichiarato il vice primo ministro russo Alexander Novak, responsabile dell’energia, sull’account Telegram del governo russo.

 

 

Il taglio unilaterale della produzione da parte dell’Arabia Saudita segue la decisione di aprile di diversi membri dell’Opec+ di ridurre la produzione di oltre un milione di barili al giorno, che ha brevemente sostenuto i prezzi ma non ha portato a una ripresa duratura. I prezzi del greggio sono risaliti a luglio, il primo mese in cui è entrata in vigore la riduzione saudita, superandola soglia degli 80 dollari al barile, il livello di cui il Regno ha bisogno per pareggiare il bilancio, secondo gli analisti. Una strategia che se paga i produttori mette a dura prova la capacità di spesa dei consumatori occidentali. La parentesi ribassista dei prezzi e delle quotazioni è finita. Lo scorso fine settimana, sotto la spinta del balzo delle quotazioni petrolifere di venerdì, i prezzi dei carburanti alla pompa sono tornati a salire. A soffiare sui rincari la probabile decisione dell’Opec. Che è arrivata puntuale ieri.

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