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Allarme carceri, il sottosegretario Delmastro: "Più soldi e agenti"

Giuseppe China
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Dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane si sono suicidate 47 persone. Gli ultimi tre casi in ordine cronologico - due donne nella sezione femminile della casa circondariale Lorusso e Cotugno di Torino e un uomo a Rossano (Cosenza) sono alla base dell’acceso dibattito politico e non solo.

Sottosegretario Andrea Delmastro alla luce dei recenti casi di cronaca quanto è allarmante la situazione delle carceri nel Paese?
«È indubbio che questi tragici eventi ci impongono un supplemento di riflessione. Da una parte abbiamo il problema del sovraffollamento carcerario al quale abbiamo destinato 84 milioni di euro che serviranno per costruire otto nuovi padiglioni di edilizia penitenziaria. Dall’altra c’è il tema discorso della carenza di organico della polizia penitenziaria. A tal proposito stiamo correndo ai ripari: il 2 agosto scorso sono stati inseriti negli istituti di pena 1479 nuovi allievi e agenti di polizia del 181esimo corso, poi due cicli per il reclutamento di altri 3471 poliziotti sono già stati finanziati. Inoltre scorreremo le graduatorie per 300 nuovi agenti. È faticoso invertire il trend, ma lo stiamo facendo con delle risorse che non erano mai state messe in campo. Posso aggiungere una cosa?».

 

Prego.
«Il sovraffollamento non si affronta solo con l’edilizia penitenziaria o con le assunzioni degli agenti. Non nascondo che sto parlando con il mondo delle comunità terapeutiche per immaginare una misura ad hoc per i detenuti tossicodipendenti che rappresentano circa un terzo della popolazione carceraria. Per loro la vera forma di reinserimento nella società non può non passare dalla disintossicazione. Molto spesso questo tipo di detenuto è in galera per reati “minori”, quindi è possibile immaginare un percorso su base volontaria per chi voglia scontare la pena in comunità. L’attuale normativa prevede che in caso di sentenza di condanna, anche per un vecchio reato, il soggetto tossicodipendente torni in carcere e presenti in un’istanza per accedere nuovamente alla comunità. Spesso quando questo tipo di percorso viene interrotto il detenuto ripiomba nella sciagura della droga. Tale modello può essere superato».

Quanto incidono i reclusi stranieri nel nostro sistema?
«Sono anch’essi una parte consistente delle persone che scontano una pena nelle carceri italiane. Infatti stiamo lavorando con chi ha accordi bilaterali con l’Italia per rendere più veloci e snelle le espulsioni degli stranieri socialmente pericolosi. Inoltre non sono da escludere intese sulla gestione dei flussi per il lavoro nel nostro Paese con nazioni in grado di sotttoscrivere e rispettare i patti sull’esecuzione penale in patria dei soggetti colpevoli. Infine non dobbiamo dimenticare che all’interno del cosiddetto Piano Mattei per l’Africa un ruolo chiave è affidato alla cooperazione. Quest’ultima in passato si basava quasi esclusivamente su fattori culturali, noi invece crediamo che possa concretizzarsi anche nella creazione di infrastrutture nel continente africano. Dunque potrebbero essere costruite delle case circondariali, con parametri e criteri occidentali, dove dare esecuzione alle pene».

Una nuova amnistia è da escludere come alternativa?
«Assolutamente sì. Non è all’ordine del giorno perché siamo contrari all’amnistia e a qualsiasi provvedimento svuota carceri che rappresentano una resa dello Stato che così certificherebbe di non essere più in grado di far rispettare le sentenze di condanna».

 

Il capitolo della riforma della giustizia è molto delicato. Lo scontro con l’Anm su intercettazioni, separazione delle carriere e prescrizione è alla luce del sole.
«Sulle intercettazioni mi sono sgolato per mesi a dire che il governo non ha mai voluto ridurne il perimetro e l’uso, ma colpire chirurgicamente l’abuso. Per molto tempo un utilizzo distorto delle intercettazioni ha alimentato il cortocircuito mediatico procure-giornali. Su questo siamo intervenuti, ma non ridurremo mai la capacità di uno strumento essenziale per la ricerca delle prove. La separazione delle carriere, invece, è un obiettivo storico del centrodestra e di legislatura che realizza veramente il giusto processo previsto dall’articolo 111 della Costituzione. Per quanto riguarda la prescrizione con la riforma dell’ex Guardasigilli Marta Cartabia, a causa di una mediazione al ribasso, sono riusciti a creare un mostro processuale che non ha pari in Europa: per cui in primo grado non c’è prescrizione, nel secondo vige quella processuale cioè l’improcedibilità».

Dunque cosa farete?
«Torneremo alla legge Orlando con qualche aggiustamento per avere una prescrizione sostanziale per cui, a seconda della gravità del reato, ci sarà il tempo di arrivare a sentenza definitiva».

Il caso dell’intervista della Verità alla pm di Rovereto Viviana Del Tedesco ha creato più di un imbarazzo nel mondo delle toghe.
«Senza entrare nel merito della questione e delle indagini non esito a catalogare le sue parole come agghiaccianti. Definire "poveretto" e "modello per i giovani universitari" una persona che ha quell’elenco di reati alle spalle mi lascia perplesso. Chi viene trovato con 56 dosi di eroina e poi uccide una signora di 61 anni (la signora Iris Setti, ndr) per me può essere chiamato solo con una parola: criminale».

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