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Ue, Prandini (Coldiretti): noi agricoltori i veri difensori della natura

Mario Benedetto
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 Europarlamentari, di fatto, divisi a metà. Il Parlamento Europeo ha salvato l’agricoltura nell’applicazione della proposta di regolamento sul Ripristino della natura votando l’esclusione degli ecosistemi agricoli. Si tratta della richiesta avanzata da Coldiretti, principale organizzazione degli imprenditori agricoli, che ritiene necessario proseguire comunque il lavoro rispetto a una legge che tenga pieno conto del valore dell’attività agricola anche per la tutela ambientale. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ne ha parlato in un colloquio con Il Tempo.

Presidente, quali le sue prime impressioni rispetto alla legge sul «ripristino della natura»?
«Prima di tutto va detto che è passata con una maggioranza risicata, per soli 12 voti, al punto di poter parlare persino di una situazione di parità se si tiene conto dei 12 astenuti. Su un tema così rilevante i numeri dovrebbero essere di maggior condivisione: è uno dei primi punti che abbiamo contestato rispetto a una decisione che, inoltre, ha visto anche un’assenza totale di confronto con chi rappresenta il comparto agricolo».

Nessun confronto con le associazioni? Un aspetto non secondario.
«Esatto, nessun ascolto né come Copa Cogeca né come singole associazioni. Sarebbe stato utile perché avremmo potuto spiegare la nostra contrarietà. Infatti da subito ci siamo detti contrari sul ripristino della natura che, così pensato, è persino controproducente».

Immagino si riferisca al ruolo degli agricoltori che, producendo, sono capaci di tutelare e persino valorizzare l’ambiente..
«È così. La presenza dell'uomo e del lavoro svolto dagli agricoltori è fondamentale per salvaguardare la biodiversità».

Al momento comunque siete riusciti a tutelare l’attività agricola, come?
«Abbiamo lavorato con i vari gruppi parlamentari per arrivare alla formulazione di emendamenti che siamo riusciti a far approvare: l’agricoltura non viene coinvolta rispetto a una fase iniziale che addirittura prevedeva la diminuzione del 10% delle superfici coltivabili. Inoltre siamo riusciti a salvaguardare i fondi della Politica Agricola Comune (Pac): per l’ambiente servono semmai risorse aggiuntive. E ancora, siamo riusciti a introdurre un principio per il quale la Coldiretti si batte da anni come il principio di reciprocità secondo cui, sostanzialmente, quello che viene importato a livello europeo deve avere le stesse condizioni rispetto a quello che in Europa viene prodotto. Insomma per tutelare la natura in Europa serve più, e non meno, agricoltura. La logica di questa legge è in contraddizione rispetto a quello che è successo anche negli ultimi mesi nel nostro Paese, basti pensare all’Emilia Romagna, alle Marche, ancor prima alla Liguria».

Attività produttiva che rappresenta allora non una minaccia ma la vera «difesa» della natura?
«Proprio così. Il ripristino della natura si prefigge il rispetto della biodiversità ma il paradosso è il seguente: riducendo le superfici coltivate si rischia di favorire l'abbandono del territorio, oltre ad ostacolare il lavoro di aziende di medie e piccole dimensioni, sa con quale conseguenza? Proprio la perdita della biodiversità che si vorrebbe tutelare, una biodiversità fatta di coltivazioni, di presidio e manutenzione del territorio. Chi vuol parlare di ripristino della natura deve conoscerla. Noi siamo i veri alleati per tuti i motivi che ho esposto. Io mi son permesso di definire alcuni come «ambientalisti della Ztl», che si trovano a discutere di ambiente e territorio senza conoscerlo e senza sapere cosa significa lavorare con la natura che noi, per primi, abbiamo a cuore».

In definitiva avete protetto gli agricoltori e vi aspettate prossime decisioni europee che tengano contro della vostra visione per valorizzarli ulteriormente?
«Siamo convinti che questo possa avvenire per due aspetti. Il primo riguarda una serie di Paesi in cui si terranno prossimamente le elezioni e, laddove ci fosse un cambio di maggioranza, quello scarto minimo a favore della legge si potrà tradurre in un voto contrario nei prossimi mesi, quindi la questione non è chiusa. Poi dobbiamo modificare un provvedimento che sarebbe fortemente lesivo dal sistema produttivo europeo anche per un preciso motivo: se noi limitiamo la capacità produttiva nel contesto nostro europeo, che oggi ci vede continente più sostenibile a livello globale, vuol dire che noi siamo obbligati a dover importare ad altri continenti alimentando politiche meno sostenibili delle nostre. Oltre all’impatto prodotto dagli imballaggi e dalla movimentazione delle merci. Quindi l'effetto che noi abbiamo a livello globale sul clima è fortemente peggiorativo rispetto che quello attuale. In conclusione, siamo soddisfatti per l’approvazione degli emendamenti che prevedono anche l’eliminazione dell’obiettivo di riduzione del 10% della superficie agricola produttiva ma avanziamo la richiesta di utilizzare fondi esterni alla Politica Agricola Comune e rispettare il principio di reciprocità. L’agricoltura è nei fatti al fianco della natura».

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