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Emanuela Orlandi, "è caduto un tabù". Cosa c'è dietro le parole di Bergoglio

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Cinquecento metri di lontananza non impediscono di sentire: da una parte di via della Conciliazione, lato Castel Sant’Angelo, i familiari di Emanuela Orlandi manifestano perché da 40 anni esatti la ragazza è scomparsa, e non se ne sa più nulla; all’altra estremità, in piazza San Pietro, il Papa usa una parola, «vicinanza», che alimenta le speranze o almeno fa sentire meno soli. Ognuno sente l’altro; lui ascolta loro, loro ascoltano lui. Mai, in quattro decenni, Vaticano e famiglia Orlandi erano sembrati così vicini, nemmeno quando Giovanni Paolo II si era espresso ufficialmente - anche lui all’Angelus - il 3 luglio 1983. «Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa».

 

Oggi Bergoglio ha detto: «In questi giorni ricorre il 40mo anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi. Desidero approfittare di questa circostanza per esprimere, ancora una volta, la mia vicinanza ai familiari, soprattutto alla mamma, e assicurare la mia preghiera. Estendo il mio ricordo a tutte le famiglie che portano il dolore di una persona cara scomparsa.». La differenza la danno alcune parole e il contesto.

Quarant’anni fa il caso era in pieno svolgimento, e se Wojtyla si rivolgeva ai familiari lo faceva senza escludere il ritorno, che mai c’è stato. Oggi Bergoglio pensa alla madre, novantenne, perché il padre se n’è andato e appurare la verità sull’accaduto ha tutto un altro sapore. Per questo Francesco, adesso che è in corso una nuova inchiesta vaticana su quei fatti, parla di una ulteriore manifestazione di vicinanza rispetto a quelle passate, quasi a ribadire che quella non è mai venuta meno. Domenica di caldo africano, a Roma, con la gendarmeria vaticana che ci tiene a far sapere come li numero dei fedeli in piazza non sia diminuito rispetto a momenti più clementi dell’anno dal punto di vista climatico. Ad ascoltare le parole del Papa sono ventimila persone, si fa sapere. Francesco si sofferma sulla necessità di non avere paura, di testimoniare la fede anche in un mondo dove le persecuzioni non sono certo un semplice ricordo del passato. Poi, appunto, il pensiero per gli Orlandi.

 

Pietro, il fratello di Emanuela, è in quel momento su largo Giovanni XXIII, e sembra cogliere il positivo che c’è nel messaggio. «È caduto un tabù, pregare per lei è un segnale di speranza. È arrivato un segnale positivo», sono le sue prime parole. Poco prima, a voler chiudere non senza qualche difficoltà le più recenti incomprensioni, si era detto oggetto di lancio di fango per aver tirato in ballo il nome proprio di Giovanni Paolo II in una trasmissione televisiva. Lo aveva fatto sulla base delle asserzioni di un presunto membro della Banda della Magliana, ed erano suonate a dir poco offensive della memoria di un pontefice che, nel frattempo, era stato persino elevato alla dignità degli altari. Ma oggi, aggiunge parlando con l’Agi, da Francesco è giunta «una presa di posizione che io reputo importante e che avrà un peso positivo nei prossimi giorni, per arrivare a fare chiarezza su questa storia». La sua attenzione, nel frattempo, si concentra altrove. Sul Senato, per la precisione, dove ancora non è stato dato il via libera ad una commissione d’inchiesta da parte italiana. Quel Senato di fronte al quale Emanuela passò a piedi, poco prima di svanire. «Se il Senato farà un passo indietro, le manifestazioni le andremo a fare là sotto», promette Pietro Orlandi. E in mezzo non ci saranno nemmeno i cinquecento metri di via della Conciliazione.

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