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Migranti, il Consiglio d'Europa boccia l'Italia e difende le Ong. Ma il governo tira dritto

Christian Campigli
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Nessuno tocchi l'immigrato. Guai per chi cerca anche solo di bloccare le navi che, con puntualità svizzera, violano ogni giorno i confini italiani (e, a dire il vero, anche quelli continentali). Impossibile cercare di ragionare di flussi, di aiuti da destinare in Africa, di eventuali (e mai portati a termine) autentici ricollocamenti. Ieri l'Europa, per l'ennesima volta, ha dimostrato come, sulla questione delle Ong, la retorica di «armatevi e partite» sia quella dominante. Nello specifico, stavolta non è stato il Parlamento Europeo a tirarle orecchie all'Italia. Ma bensì il Consiglio d'Europa, che ha ufficialmente chiesto al governo italiano di cancellare il nuovo codice di condotta per le navi delle Ong.

 

«Si invita il governo a prendere in considerazione il ritiro o la revisione del decreto legge 1/2023 – si legge nella lettera diffusa ieri mattina - Le disposizioni del decreto potrebbero ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso delle Ong e, quindi, essere in contrasto con gli obblighi dell'Italia ai sensi dei diritti umani e del diritto internazionale». Il commissario per i diritti umani, Dunja Mijatovic, si è dichiarato addirittura preoccupato che la nuova norma voluta dall'esecutivo guidato da Giorgia Meloni «possa ostacolare la fornitura di assistenza essenziale per salvare vite da parte delle ong nel Mediterraneo centrale e, pertanto, possa essere in contrasto con gli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e di diritto internazionale». «Il decreto e la pratica di assegnare porti lontani per lo sbarco delle persone soccorse in mare – ha proseguito Mijatovic – rischiano di privare le persone in difficoltà dell'assistenza salvavita delle Ong».

È bene ricordare come le attuali disposizioni non impediscono affatto lo sbarco delle navi piene di immigrati africani. L'Italia ha solo avuto l'ardire di chiedere che le organizzazioni non governative, dopo aver effettuato un soccorso, avvisino tempestivamente le autorità italiane e, una volta assegnato un porto di sbarco, lo raggiungano senza effettuare altri soccorsi. Nulla di sconvolgente. Anzi, in molti a destra hanno considerato troppo blanda la norma. Anche perché, in caso di violazione, il comandante della nave può incorrere in una sanzione amministrativa tra i diecimila e i cinquantamila euro e, al massimo, può essere imposto il fermo amministrativo della nave fino a due mesi. Non c'è, come spesso raccontato erroneamente dai tromboni stonati della sinistra nei vari talk televisivi, alcun rischio di galera o di fustigazione nella pubblica piazza. Solo un'eventuale multa e una sorta di stop and go di un paio di mesi.

 

All'attacco della Mijatovic, il governo ha risposto con prontezza. «I timori espressi dalla commissaria dei diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic – si legge in una lettera inviata dal governo italiano a Strasburgo – per le conseguenze che il decreto sulle Ong potrebbe avere sulla loro capacità di salvare vite nel Mediterraneo e sulle persone salvate sono infondati». Sul tema è intervenuto anche il Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi. «Il modus operandi delle Ong si pone al di fuori dalle fattispecie previste dalla Convenzioni Internazionali in materia di soccorso in mare - si legge nella lettera del Viminale- Ingenerando nei trafficanti di esseri umani l'aspettativa di un sicuro e immediato intervento ha finito con il determinare una modulazione del modello criminale che prevede l'impiego di imbarcazioni inadeguate alla navigazione in alto mare che, innalzano sensibilmente i rischi per i migranti. L'assegnazione dei porti dell'Italia centrale e settentrionale è guidata dalla imprescindibile necessità di operare una più equa redistribuzione tra le regioni. L'obiettivo è quello di alleggerire le strutture di primissima accoglienza, prima tra tutte l'hotspot di Lampedusa». 

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