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Il libro di Monsignor Georg Ganswein: così Benedetto XVI evitò lo scontro tra Papi

Luigi Bisignani
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Caro direttore, per dirla scherzosamente alla romana è proprio il caso di esclamare: «Da che pulpito vien la predica»… Archiviate le esequie di Benedetto XVI Papa Francesco torna il «pastore gaucho» che lapidariamente condanna: «Il chiacchiericcio è un’arma letale, uccide l’amore, la società, la fraternità». Con ogni probabilità, si riferiva al libro di Monsignor Georg Gänswein e Saverio Gaeta, «Nient’altro che la verità» edito da Piemme, del quale Il Tempo pubblica qualche estratto su massoneria, gestione del potere e le polemiche attorno al Cardinal Sarah. Il chiacchiericcio è un tema ricorrente per Francesco, forse perché il suo pontificato nacque proprio su una cassa di pettegolezzi alla base di Vatileaks 1, un processo interno, di giustizia sommaria, compiuto interrogando cardinali, vescovi e dignitari di Curia che mai hanno potuto vedere la trascrizione delle loro deposizioni. Per i detrattori di Francesco, il chiacchiericcio è invece, sinora, l’arma che gli ha permesso di governare, consentendo attacchi e prese di posizione responsabili di aver portato alla sbarra il cardinale Becciu, così come a scovare nuove nidiate di corvi vaticani che iniziano ad aleggiare intorno al Cupolone.

ESTRATTI DAL LIBRO "NIENT'ALTRO CHE LA VERITA'"
Le sfide del prefetto sulla massoneria

Poco dopo il suo arrivo in Congregazione, Ratzinger si era trovato dinanzi a una delle tematiche più spinose di quegli anni… «Chi dà il nome a una associazione che complotta contro la Chiesa sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l’interdetto». Questa innovazione aprì una polemica che coinvolse diversi fronti, sia all’interno che all’esterno della Chiesa cattolica. Così il prefetto ritenne opportuna una esplicita dichiarazione, approvata da Papa Wojtyla e pubblicata il 26 novembre 1983 (il giorno precedente l’entrata in vigore del nuovo Codice). Il testo chiariva definitivamente che la non espressa menzione della massoneria «è dovuta ad un criterio redazionale seguìto anche per le altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie», restando invece «immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro princìpi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita… L’anno successivo rincarò la dose con una riflessione della Congregazione sulla «inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria», nella quale venivano messe in luce le sue «idee filosofiche e concezioni morali opposte alla dottrina cattolica», nonostante «il dialogo intrapreso da parte di personalità cattoliche con rappresentanti di alcune logge che si dichiaravano non ostili o perfino favorevoli alla Chiesa». (…) Quando venne eletto Pontefice, risultò evidente il disappunto (per non dire altro) della massoneria nei confronti di Benedetto XVI. Perciò, leggendo nel 2013 il caloroso saluto di Gustavo Raffi, il gran maestro del Grande Oriente d’Italia - «Forse nella Chiesa nulla sarà più come prima. Il nostro auspicio è che il pontificato di Francesco possa segnare il ritorno della Chiesa-Parola rispetto alla Chiesa-istituzione, [nella speranza che] una Chiesa del popolo ritrovi la capacità di dialogare con tutti gli uomini di buona volontà e con la Massoneria» - fui certo che, più di un «benvenuto» a Papa Bergoglio, che francamente non credo gli fosse particolarmente familiare, si trattasse di un «benservito» a Papa Ratzinger!

Le pietre d’inciampo del complesso governo. Decisioni a 360 gradi
Sin dai primissimi giorni del pontificato, mi resi conto di quanto sia enorme la responsabilità che grava sul Papa riguardo alle nomine, sulle quali spetta in sostanza a lui la scelta finale: più di tremila circoscrizioni ecclesiastiche in ogni parte del mondo, con quasi duecento rappresentanze diplomatiche, per un totale di circa quattromila vescovi in attività, fra diocesani, ausiliari e nunzi; e poi tutte le cariche nei molteplici organismi della Curia vaticana, che indirizzano le attività della Santa Sede nell’ambito spirituale e pastorale, ma anche in quello amministrativo e caritativo, tenendo conto di un orizzonte complessivo di un miliardo e trecentomila cattolici con tradizioni culturali, situazioni economiche e prospettive sociali del tutto variegate (…). Benedetto certamente non affrontò questo compito a cuor leggero, e lo fece seguendo l’insegnamento del suo amato san Bonaventura, per il quale «governare non era semplicemente fare, ma era soprattutto pensare e pregare: tutte le sue decisioni risultano dalla riflessione, dal pensiero illuminato dalla preghiera». Sapeva bene infatti che, umanamente parlando, è molto difficile giudicare le persone e decidere a loro riguardo, poiché, diceva, «nessuno può leggere nel cuore dell’altro» (…). Anche se è vero che Papa Ratzinger non aveva uno spiccato interesse per le questioni di governo.

Il «pasticciaccio» di Sarah a proposito del libro a doppia firma
La bomba mediatica esplose d’improvviso, il 12 gennaio 2020, con un’intervista apparsa sul quotidiano francese «Le Figaro», nella quale il cardinale Robert Sarah, annunciava che, tre giorni dopo, avrebbe pubblicato con Benedetto XVI «un libro a quattro mani dove i due prelati esprimono una medesima visione della Chiesa (…). In copertina il nome Benedetto XVI spiccava in alto, con la stessa grandezza di quello del cardinale Sarah, e le immagini erano due loro fotografie affiancate (addirittura quella di Benedetto era ancora del tempo da Pontefice, con la mantellina ben visibile). Portai immediatamente il volume al Papa emerito e anche lui rimase stupefatto, comprendendo immediatamente quali polemiche ne sarebbero scaturite (…). Benedetto ritenne perciò necessario un chiarimento (…). Il Papa emerito, infatti, sapeva che il cardinale stava preparando un libro e aveva inviato il suo breve testo sul sacerdozio autorizzandolo a farne l’uso che voleva. Ma non aveva approvato alcun progetto per un libro a doppia firma, né aveva visto e autorizzato la copertina. Si tratta di un malinteso, senza mettere in dubbio la buona fede del cardinale Sarah (…). La conclusione di quella lettera del 17 febbraio a Papa Francesco metteva in luce tutta l’amarezza di Benedetto per l’accaduto e poneva una definitiva pietra: «Ho già deciso di non pubblicare più niente durante la mia vita in questa terra. Santo Padre, spero di aver chiarito la storia del mio testo per il libro del cardinale Sarah e posso soltanto esprimere la mia tristezza sull’abuso del mio articolo nella discussione pubblica». Non c’era necessità di una specifica risposta, cosicché da parte di Papa Francesco ci fu unicamente il riscontro della ricezione. Ma, per quanto ne so, comprese la totale buona fede del suo predecessore e ne apprezzò la trasparenza nel comportamento.

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