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Australia, si incollano al quadro di Picasso che Roma non volle esporre

Alessandra Zavatta
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Si incollano per protesta al quadro di Picasso che Roma non volle esporre per non turbare gli equilibri della Guerra Fredda. Il dipinto è intitolato "Massacro di Corea" e fa parte della mostra Picasso Century in corso alla National Gallery of Victoria a Melbourne, in Australia. Questo pomeriggio un uomo e una donna, 59 anni lui e 49 lei, si sono incollati le mani sul vetro che protegge il dipinto da 280 milioni di dollari mentre una terza persona ha scattato fotografie che ha poi postato sui social network. Obiettivo del gruppetto di attivisti dell'associazione ambientalista Exinction Ribellion era quello di richiamare l'attenzione sull'inquinamento prodotto dall'utilizzo dei combustibili fossili. I tre australiani, arrestati e poi rilasciati dalla polizia, non potevano sapere che a Roma la loro azione avrebbe avuto ben altra eco.

 

Il Massacro di Corea è infatti una delle opere più "politicamente impegnate" di Pablo Picasso. Il pittore spagnolo la dipinse per denunciare l'uccisione di 35mila civili avvenuto tra il 17 ottobre è il 7 dicembre 1950 a Sinchon. Nel piccolo villaggio non lontano da Pyongyang si scontrarono le forze militari delle due Coree, quella del Nord sostenuta dall'Unione Sovietica e quella del Sud, appoggiata dagli Stati Uniti. Picasso, raffigurando donne e bambini fucilati dai soldati, volle sottolineare le atrocità di quella guerra. 

Nel 1953 il dipinto, ormai famoso e quotatissimo, avrebbe dovuto essere esposto a Roma in una mostra dedicata proprio al pittore e scultore spagnolo. Ma la denuncia nordcoreana che sosteneva l'appoggio americano al massacro indussero l'allora primo ministro italiano Alcide De Gasperi a "consigliare" gli organizzatori dell'evento che era meglio non appendere quel dipinto. L'Europa era dilaniata dalle tensioni prodotte dalla Guerra Fredda, divisa in due blocchi contrapposti. E l'Italia stava inequivocabilmente con gli Usa che proprio in quegli anni, attraverso il Piano Marshall, stavano sostenendo la ricostruzione nel nostro Paese, dopo le devastazioni del secondo conflitto mondiale. Quindi meglio agire con prudenza e avere un Picasso in meno in bella mostra piuttosto che aprire una crisi diplomatica con gli alleati. E così il Massacro di Corea restò imballato nello scatolone. Con buona pace di Picasso.

Ora, a 69 anni di distanza, il Museo Nazionale di Parigi, dove è custodito, lo ha prestato all'Australia per un'esposizione ed è divenuto suo malgrado protagonista di una nuova querelle internazionale. Quella sulla necessità di tagliare il consumo di petrolio e carbone. Picasso, in questo caso non è solo. Le truppe armate di colla hanno già "colpito" la scorsa estate "La Primavera" di Botticelli e "La tempesta" di Giorgione.

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