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Medici dimenticati dai partiti. La denuncia: “Da eroi del Covid a spariti dai programmi elettorali”

Alessio Buzzelli
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La sanità pubblica è il vero grande assente di questa campagna elettorale ormai entrata nel vivo. Un convitato di pietra impossibile da non notare, dopo essere stato nei due anni di pandemia il centro assoluto del dibattito politico, oggetto di continue attenzioni e promesse e lusinghe da parte dei vari partiti e accompagnata spesso da parole come «potenziare», «rifondare», «ricostruire», «investire». Oggi, però, di tutto questo pare non esserci più traccia: a lanciare l'allarme sono stati gli stessi medici, così lungamente elogiati durante il Covid e ora, con le elezioni a un passo, messi cinicamente da parte in nome di promesse elettoralmente più spendibili e accattivanti. «Amarezza, delusione e rabbia» sono, ad esempio, le parole utilizzate dalla Federazione Cimo-Fesmed- uno dei sindacati dei medici tra i più impegnati sull'argomento - per descrivere i programmi elettorali dei partiti in tema di sanità pubblica, palesemente carenti secondo molti degli addetti ai lavori. «Il sindacato dei medici - si legge in una nota rilasciata ieri - aveva chiesto di inserire nei programmi elettorali proposte concrete e realistiche in grado di superare i problemi del Servizio sanitario nazionale. E invece i capitoli dedicati alla tutela della salute risultano in buona parte superficiali, demagogici e talmente inconsistenti da risultare irrealizzabili».

 

 

Una constatazione tanto dura quanto veritiera: come sottolineato da Cimo Fesmed, infatti, nei programmi dei partiti non c'è alcun cenno «alla necessità di aumentare i posti letto», i Livelli Essenziali di Assistenza «non vengono mai citati» e «nessuna soluzione alla crisi dei Pronto soccorso è stata proposta». Inoltre, si legge più avanti nella nota, «lo spazio riservato a medici e ospedali è pari quasi a zero, senza alcun cenno alle condizioni di lavoro massacranti per tutto il personale sanitario». A supporto di quanto affermato il sindacato ha presentato un efficace prospetto costruito sulla ricerca di parole chiave riferibili alla sanità, dimostrando così come la questione sanitaria sia oggi completamente ai margini del dibattito elettorale. «La parola ospedale/ospedali - spiegano - è del tutto assente dai programmi di centro destra, Pd e M5S; compare invece una volta nel programma di Azione-Italia Viva e tre volte nel programma di Europa Verde e Sinistra Italiana», mentre la parola medico/medici «non compare mai nei programmi di centrodestra e Movimento 5 Stelle, è presente due volte nel programma del Pd e due volte nel programma di Azione-Italia Viva».

 

 

Questo semplice ma incisivo espediente delle parole chiave conferma una volta di più la fondatezza delle preoccupazioni espresse a più riprese dal mondo della sanità e ben riassunte dalle parole di Guido Quici, Presidente Cimo Fesmed: «Pensavamo che la pandemia avesse finalmente acceso i riflettori sulle criticità dell'ospedalità pubblica e che fosse finalmente giunto il momento di invertire la rotta - ha commentato Quici - Invece era solo una momentanea illusione, scandita da elogi, riconoscimenti e applausi rimasti gesti senza conseguenze». «La situazione è complessa è scoraggiante - ha proseguito il presidente. La sanità pubblica continua ad essere il fanalino di coda tra le priorità della politica, come sei due annidi pandemia non fossero mai esistiti e nemmeno i precedenti dieci, durante i quali abbiamo assistito ad una serie di tagli spaventosi». Tagli che, secondo Quici, hanno innescato una situazione esplosiva: «111 ospedali in meno, 113 Pronto soccorsi in meno, 37mila posti letto in meno, 283 milioni di prestazioni collaterali in meno e, infine, una riduzione tragica del numero dei medici. È evidente che così il sistema non possa reggere». E allora perché la politica se ne disinteressa? Anche per questa domanda il presidente ha una risposta: «La mia sensazione è che la politica non abbia idea di cosa fare con la sanità pubblica e, di conseguenza, eviti direttamente di occuparsene, perché sa che l'intero sistema non è più sostenibile e andrebbe ricostruito daccapo. Non mi vengono in mente altre spiegazioni - ha concluso Quici - soprattutto dopo aver sperimentato durante la pandemia che se la sanità va giù, l'intero sistema economico va giù».

 

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