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Virus da record: italiano positivo a vaiolo delle scimmie, Covid e Hiv contemporaneamente

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I ricercatori italiani hanno segnalato il primo caso conosciuto di una persona positiva al test del vaiolo delle scimmie, del COVID-19 e dell'HIV nello stesso momento. Tutte e tre le infezioni sono nuove e sono state evidenziate a seguito di un breve viaggio in Spagna. Il paziente, un uomo italiano di 36 anni, ha sviluppato febbre, mal di gola, affaticamento, mal di testa e un'infiammazione della zona inguinale circa 9 giorni dopo essere tornato da un viaggio di 5 giorni in Spagna, durante il quale ha avuto rapporti sessuali con altri uomini, senza usare il preservativo.

 

 

L'uomo è risultato positivo al test per il coronavirus 3 giorni dopo la comparsa dei sintomi. Secondo la ricerca pubblicata sul Journal of Infection il 36enne, vaccinato in inverno, aveva già contratto il Covid a gennaio. Poche ore dopo essere risultato positivo al Covid gli è comparsa un'eruzione cutanea sul braccio sinistro e nei giorni successivi si sono invece diffuse vesciche su tutto il corpo, che lo hanno spinto a recarsi al pronto soccorso dell'ospedale di Catania. Una serie di esami effettuati in ospedale hanno dato esito positivo alle analisi per rilevare il vaiolo delle scimmie, il Covid e l'HIV. Il test dell'HIV ha mostrato una carica virale elevata: i dati, insieme a un test negativo effettuato meno di un anno fa, indica che è stato infettato di recente.

 

 

Il paziente è stato dimesso dall'ospedale dopo quasi una settimana ed è guarito dal virus cinese e dal vaiolo delle scimmie, anche se è rimasta una piccola cicatrice. “Questo caso evidenzia come i sintomi del vaiolo delle scimmie e del Covid possano sovrapporsi e conferma come, in caso di coinfezione, la raccolta anamnestica e le abitudini sessuali siano fondamentali per effettuare una diagnosi corretta. Da notare che il tampone orofaringeo del vaiolo delle scimmie era ancora positivo dopo 20 giorni, suggerendo che questi individui possono essere ancora contagiosi per diversi giorni dopo la remissione clinica. Di conseguenza, i medici dovrebbero incoraggiare le opportune precauzioni”, hanno dichiarato i ricercatori dell'Università di Catania nel loro report finale.

 

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