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Crisi Ucraina, ecco chi chiude se non c'è più il gas di Putin. Lo scenario peggiore stimato delle banche d'affari

A rischio acciaierie, cartiere, aziende di vetro e plastica

Filippo Caleri
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 Lo scenario peggiore era previsto alla fine di settembre. Con i primi freddi e la richiesta maggiore di gas le banche d'affari avevano già messo in conto una forte sofferenza del sistema di approvvigionamento europeo. E anche lo stop completo dell'arrivo di metano. Una situazione di emergenza da contrastare con una drastica riduzione dei consumi soprattutto nel campo industriale.

La chiusura per la manutenzione straordinaria del gasdotto Nord Stream 1, e la possibilità non remota che, allo scadere dei dieci giorni previsti, il rubinetto del metano russo resti chiuso, ha di fatto anticipato le previsioni che le banche d'affari hanno sul tavolo ormai da mesi. Quelle che prevedono il cosiddetto «worst case scenario».

 

Una stima che fa accapponare la pelle, che è ormai da considerare verosimile, e che delinea una situazione nella quale con il razionamento dell'energia conseguente allo stop dell'import entrerebbero in crisi le filiera delle aziende energivore. Rischiano di chiudere i battenti comparti vitali per le economie manifatturiere del Vecchio Continente come le acciaierie, l'industria della carta, del vetro e della plastica. E in parte anche la ceramica. Un quadro sconfortante che, la finanza internazionale, ha già messo un conto. E che parte da dati concreti. Tutta l'Europa consuma 550 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Di questi, scontando i tagli di fornitura che ci sono già stati negli scorsi mesi e la diversificazione attuata nelle varie fonti di importazioni, restano oggi comunque 80 i miliardi di metri cubi di metano inviati da Mosca.

 

Una differenza che non è facile colmare. Sì perché tutte le operazioni di efficientamento già avviate, come l'abbassamento della temperatura termica garantita negli uffici pubblici e privati e comportamenti di consumo più responsabili dei cittadini, potrebbero consentire un risparmio di circa 20 miliardi di metri cubi. Ne restano 60 alle quali non è facile rispondere in tempi brevi.

 

Così l'inverno rischia di essere molto pesante. Chiudere industrie ad alta intensità di produzione, anche temporaneamente, significa perdere parti importanti di ricchezza. Con tutte le conseguenze in termini di debito, deficit e occupazione. Chi investe lo ha già messo in conto.
Allacciare le cinture.

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