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Il primo atto del nuovo presidente Cei, Matteo Zuppi dichiara guerra alla pedofilia

Francesca Mariani
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A pochi giorni dalla nomina di Papa Francesco, il cardinale Matteo Maria Zuppi, nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana, ha le idee chiare. Il suo primo impegno, annunciato ieri in occasione della conferenza stampa al termine dell’assemblea generale della Cei è quello di dichiarare guerra alla pedofilia. Un report sui casi di abusi su minori compiuti dai membri della Chiesa sarà presentato dalla Cei entro il 18 novembre. I cardinale ha specificato che l’analisi sugli abusi riguarderà il periodo compreso tra il 2000 e il 2021. «Il pensiero è sempre per il dolore delle vittime, e non c’è dubbio che è la prima preoccupazione», ha sottolineato il porporato ribadendo che la loro sofferenza «ci ammonisce e ci spinge a cercare soluzioni stabili». Dopo la presentazione del 18 novembre, giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi istituita nel 2021 proprio dal Consiglio permanente Cei, i report «avranno cadenza annuale» e «daranno poi un segnale di trasparenza, dal momento che saranno resi pubblici».

Le Chiese italiane hanno dunque accolto l’invito di Papa Francesco alla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che aveva chiesto «un rapporto sulle iniziative della Chiesa per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili». Quello che scaturirà, spiegano i vescovi nel comunicato finale, sarà «un monitoraggio permanente dei dati, via via raccolti, e dell’efficacia delle attività messe in campo». Quello della pedofilia è stato il tema principale della conferenza stampa a conclusione dell’assemblea generale: le aspettative erano molto alte, visto l’argomento e la speranza che la Cei, con i suoi vertici rinnovati, si adegui alle altre conferenze episcopali europee analizzando il fenomeno in un’ampiezza storica più ampia. Con questa decisione, tuttavia, non verranno contemplati i casi precedenti alla legge promulgata il 30 aprile 2001, il motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», con la quale venne stabilito che l’abuso sessuale su un minore dovesse essere considerato tra le «normae de gravioribus delictis» e quindi sotto la giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede.

«Il fatto di ridurre a soli 20 anni lo screening della situazione oltre a non essere sufficiente è anche violento e discriminatorio nei confronti delle vittime», è il commento a LaPresse di Francesco Zanardi, della rete «L’Abuso». Il cardinale Zuppi, nel corso della conferenza, ha voluto ribadire che «non c’è nessuna volontà di copertura» da parte della Chiesa. «Ci prenderemo le botte che ci dovremo prendere, anzi. Le responsabilità ce le siamo già prese» e ha spiegato che la decisione di non andare più indietro con gli anni è stata «una scelta di serietà, chiarezza e giustizia». Zuppi ha parlato anche di «accompagnamento degli abusatori», poiché la Chiesa «resta comunque madre» e loro restano «fratelli nostri».
 

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