Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Taranto, il ristorante chiude per il green pass. Il cartello della titolare: "Mai complici"

Esplora:

Elena Ricci
  • a
  • a
  • a

Li ricordiamo bene, a inizio pandemia, i movimenti “IoApro” che chiamavano a raccolta diversi ristoratori stufi di Dpcm, chiusure e restrizioni e ostinati a riaprire la loro attività di ristorazione che durante il primo lockdown ha vissuto insieme ad altri settori, uno dei periodi più bui dei giorni nostri.

Adesso che, con vaccinazioni e green pass, è possibile mantenere aperte le attività, c’è chi dice “No” al “ricatto” e al “controllo discriminatorio”, scegliendo quale forma di protesta, la chiusura dell’attività. 

All’epoca delle prime zone rosse, di un Paese poco preparato a fronteggiare l’emergenza, diverse attività come ristoranti, centri estetici, palestre, parrucchieri e professionisti dello spettacolo, hanno visto sprofondare nel baratro anni di sacrifici d’impresa, a causa del pericolo di questo nemico invisibile e sconosciuto, chiamato Coronavirus.

In due anni di pandemia, abbiamo quasi imparato a convivere con il virus e, con l’avvio della campagna vaccinale abbiamo quasi provato ad arginarlo per scoprire poi che anche col vaccino il contagio può avvenire, anche se in forma più blanda rispetto a chi non ha la minima protezione.

Le restrizioni non sono sicuramente quelle del primo lockdown, ma l’introduzione della certificazione verde nelle sue varie forme, da base, rafforzato a super, ha sicuramente alimentato nuove divisioni che non vanno giù proprio a tutti.

È il caso dei "18 commensali", un ristorante di Taranto che ha abbassato la sua saracinesca, con un annuncio: «A causa della persecuzione psico-pandemica e del criminale progetto di distruzione di tutte le attività commerciali, tutto lo staff informa che non diventeremo mai complici di questo sistema e che la nostra protesta silenziosa sarà quella di restare a casa piuttosto che trasformarci in controllori discriminanti. Con la speranza di dirvi “a presto”».

La foto del cartello apposto sulla saracinesca è stata condivisa anche su Facebook dallo staff, suscitando centinaia di reazioni.  «Il Green Pass sta distruggendo l'economia – scrive un utente - ovunque in Europa si sa cosa sta accadendo in Italia e moltissimi stranieri, pur vaccinati, per principio non intendono mettere piede perché contrari ad una dittatura sanitaria, poi c'è chi ha deciso liberamente di non vaccinarsi che non potrà entrare, per cui stiamo perdendo moltissimo turismo».

«Questa è solidarietà – scrive un altro utente - Prendete esempio voi che vi siete fatti controllori dei vostri simili assecondando governi autoritari che stanno opprimendo il popolo. Vergognatevi e fate come questi gestori che hanno preferito chiudere piuttosto che vendersi! Questi sono gli italiani di cui vado fiera!».

L’iniziativa di questi ristoratori ha trovato sostegno da ogni parte d’Italia.  Li abbiamo contattati e abbiamo parlato con Pamela Rocchetto, la titolare del ristorante. «Innanzitutto voglio premettere che non siamo contrari alla vaccinazione, perché non vorremmo che questa nostra protesta sia etichettata come messaggio No Vax – dice Pamela -. Il 50% dei miei dipendenti è vaccinato, il restante non ha completato il ciclo e qualcuno non ha nemmeno una dose. Nonostante tutto non abbiamo mai creato divisioni tra noi, rispettando le scelte di ognuno. Siamo arrivati alla decisione di abbassare le saracinesche perché siamo stanchi di questo sistema oppressivo e discriminatorio. Noi paghiamo le tasse, ma siamo stati privati della nostra libertà».

Il ristorante al momento è chiuso, ma nonostante tutto la proprietaria ha deciso di mantenere i contratti per i suoi dipendenti. «I contratti sono tutti in piedi, ma non possiamo restare aperti perché queste nuove regole reprimono le libertà. Io non posso armarmi di app e fare il controllare. La vaccinazione deve essere una scelta libera, sia per i miei dipendenti che per i miei clienti, ai quali mai mi sognerei di chiedere i dati personali».

Pamela stringe i denti e attende una risposta dallo Stato. «Per me non è stato facile – racconta a Il Tempo – anche perché nella mia famiglia siamo stati in due a prendere una decisione così forte, proprio perché non vogliamo cedere a un sistema che ti lascia libero dietro ricatto. Mio marito è un poliziotto, ma attualmente è sospeso e senza stipendio perché non si è attenuto all’obbligo vaccinale».

Due fonti di reddito, dunque, entrambe compromesse. «Resisteremo – dice Pamela – fino a quando non finirà questa situazione. Lo Stato non può fare finta di niente in eterno. Prima o poi ci dovrà delle risposte».

Dai blog