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Pfizer lancia il vaccino "ibrido". Il ceo Bourla a JP Morgan: "Per metà combatterà Omicron, per metà le vecchie varianti"

Dario Martini
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Le terze dosi di vaccino non stanno fermando il boom di contagi che sta dilagando ovunque, dagli Stati Uniti all'Europa, Italia compresa. Anche la protezione contro il rischio di finire in ospedale sta iniziando a calare. Pfizer ne è consapevole e nei giorni scorsi ha annunciato che a marzo sarà pronto un vaccino «mirato» per contrastare la variante Omicron. Il dubbio, però, è che non sia sufficiente a contenere l'escalation di infezioni e di ricoveri. Serve qualcosa di nuovo. Così il colosso farmaceutico americano sta rivedendo la sua strategia, mettendo a punto un vaccino inedito, come non ne abbiamo mai visti finora. Sarà «ibrido», efficace sia contro il virus originario, chiamato in gergo «wild-type», sia contro Omicron. In questo modo, si spera che possa arginare sia Delta che la più recente variante sudafricana. Il Tempo è in grado di anticipare le mosse di Pfizer dopo aver letto il resoconto della videoconferenza che i vertici dell'azienda americana hanno tenuto con gli analisti della banca d'affari JPMorgan il 10 gennaio scorso. È il ceo in persona, Albert Bourla, ad illustrare i piani della multinazionale. Alcuni giorni prima, in collegamento con un'altra banca d'affari, la Goldman Sachs, il numero uno di Pfizer aveva ammesso che anche la protezione della terza dose dura pochissimo e che la quarta iniezione sarà inevitabile. Adesso, si spinge oltre: «Omicron è un bersaglio molto più impegnativo. Le due dosi non bastano. La terza fornisce una protezione abbastanza buona contro i decessi e discreta contro i ricoveri. Quindi la maggior parte delle persone che stanno finendo in ospedale non hanno ricevuto il vaccino».

 

 

Bisogna far qualcosa perché anche i casi di reinfezione, pure tra i guariti che successivamente si sono vaccinati, si moltiplicano di giorno in giorno. Poi, arriva l'ammissione che finora si è navigato a vista: «Omicron è molto difficile da sradicare - dice Bourla -. Penso che il punto interrogativo sia quanto durerà la protezione con la terza dose. Con la seconda dose la prima cosa che abbiamo perso è stata la protezione contro le infezioni. Una cosa comunque non tanto buona». In seguito ha preso piede Omicron. E Bourla sottolinea ciò che è sotto gli occhi di tutti: «Due mesi dopo, anche quella che era una protezione molto forte contro il ricovero ha iniziato a diminuire». Il ceo di Pfizer ammette che la preoccupazione di tutti è anche la sua. Comprende quindi lo scatto in avanti degli Usa e di Israele che stanno già prevedendo la quarta dose per le persone più fragili. Ecco allora che i ricercatori di Pfizer hanno pensato al super siero in grado di colpire efficacemente tutte le mutazioni finora conosciute.

 

 

«La scelta migliore - spiega Bourla - è un vaccino che copra le altre varianti e che funzioni anche contro Omicron. Sarà un ibrido». Ma non finisce qui. Non sarà solo un vaccino «bivalente». Il ceo svela che Pfizer sta lavorando a dosi più elevate. La nuova e più potente arma contro il virus è ancora in fase di sperimentazione. Ma gli scienziati dell'azienda americana sono ottimisti che la strada imboccata sia quella giusta. «Se sarà necessario saremo pronti a marzo», conferma Bourla. Lo scenario di lungo periodo, però, secondo il numero uno di Pfizer, resta sempre lo stesso: alla fine avremo un vaccino annuale come quello contro l'influenza almeno per i prossimi dieci anni. Ma la domanda viene spontanea: se a marzo inizieremo a fare il vaccino «ibrido», metà rivolto contro Omicron e metà contro Delta, se verrà fuori un'altra potente variante cosa faremo, l'ibrido trivalente?

 

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