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Covid, monitoraggio Gimbe: primo calo di contagi da giugno. Poi la doccia fredda: immunità di gregge lontana

Dopo 9 settimane meno 12,5% di nuovi casi positivi. Ma l'immunità di gregge così difficile da raggiungere

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Una notizia buona sul fronte Covid, dopo 9 settimane primo calo di contagi da giugno con meno 12,5 per cento di nuovi casi. E una meno buona: con questi vaccini non sterilizzanti e con una fascia di popolazione di giovanissimi per cui non c'è ancora un siero immunità di gregge difficile da raggiungere. A dirlo è il monitoraggio Gimbe. E la settimana di riferimento è quella che va dal 1 al 7 settembre, rispetto alla settimana precedente, si registra per la prima volta dopo 9 settimane consecutive di aumento, una diminuzione del 12,5% dei nuovi casi di Covid (39.511 rispetto a 45.134) e scendono anche i casi attualmente positivi (133.787 rispetto a 137.925). Scendono anche i casi attualmente positivi (133.787 vs 137.925) e le persone in isolamento domiciliare (128.917 vs 133.129), mentre si rileva un lieve aumento di ricoveri con sintomi (4.307 vs 4.252) e terapie intensive (563 vs 544). Lo evidenzia il nuovo monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe. "Per la prima volta da fine giugno diminuiscono i nuovi casi settimanali - dichiara Nino Cartabellotta, presidente Gimbe - sia come numeri assoluti che come media dei casi giornalieri che si attesta a 5.644".

 

Nell’ultima settimana monitorata (1-7 settembre) rispetto alla precedente, solo 3 Regioni registrano un incremento percentuale dei nuovi casi, mentre in 9 Regioni crescono i casi attualmente positivi, mentre 63 Province hanno un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. In 7 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Siracusa (231), Messina (189), Ragusa (170), Trapani (170), Catania (165), Prato (164) e Caltanissetta (159) (tabella 2). In aumento i decessi: 417 di cui 82 relativi a periodi precedenti.

"Sul fronte ospedaliero - afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione - frena ulteriormente l’incremento dei posti letto destinati a pazienti Covid: rispetto alla settimana precedente crescono solo dell’1,3% in area medica e del 3,5% in terapia intensiva". A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (7% in area medica e 6% in area critica), seppure con notevoli differenze regionali (figura 5): per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Sicilia (23%) e Calabria (19%); per l’area critica sopra la soglia del 10% Sicilia (13%) e Sardegna (15%). "Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva - spiega Marco Mosti, Direttore operativo Gimbe - con una media mobile a 7 giorni di 42 ingressi/die rispetto ai 43 della settimana precedente".

 

 

Poi la doccia fredda. "A fronte di un dibattito politico e di una comunicazione pubblica che rincorrono percentuali target di copertura vaccinale è bene ricordare che oggi non esistono i presupposti epidemiologici per conquistare la cosiddetta immunità di gregge, in grado di proteggere i non vaccinati grazie ad un’elevata percentuale di persone non più suscettibili al contagio, perché vaccinate o guarite" da Covid-19. Lo affermarlo è ancora Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. I motivi per cui non è possibile al momento arrivare all’immunità di gregge, secondo Gimbe sono: nessun vaccino è approvato per i soggetti sotto i 12 anni compiuti: oltre 5,8 milioni di persone (9,9% della popolazione) tra cui il virus continua a circolare liberamente; i vaccini approvati non sono sterilizzanti, ovvero non conferiscono un’immunità totale contro il virus e anche chi è vaccinato ha una probabilità, seppure molto più bassa, di infettarsi e trasmettere il virus. Al momento in Italia l’efficacia del vaccino nei confronti dell’infezione si attesta intorno al 78%.

 E ancora: l’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione inizia a ridursi dopo circa 6 mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale, in particolare nelle fasce anagrafiche più giovani; nei Paesi a basso reddito meno del 2% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino: questa disomogeneità nell’accesso ai vaccini contribuisce all’elevata circolazione del virus e all’emergenza di nuove varianti. "A fronte dell’elevato profilo di efficacia e sicurezza dimostrato dalla somministrazione di oltre 5 miliardi e mezzo di dosi di vaccino in tutto il mondo - conclude Cartabellotta - è inutile inseguire la chimera di una percentuale di popolazione vaccinata in grado di "spegnere"l’interruttore della circolazione virale. L’obiettivo di salute pubblica è quello di vaccinare tutti coloro che non presentano specifiche controindicazioni, al fine sia di una protezione individuale da malattia grave o decesso, in particolare per gli over 50, sia di ridurre al minimo la circolazione virale. Visto che quest’obiettivo è oggi basato su robuste evidenze - conclude - spetta alla politica scegliere la strategia con cui raggiungerlo: dal punto di vista scientifico tutte le carte sono in regola per istituire l’obbligo vaccinale".

 

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