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Il movente dietro il dramma di Saman Abbas. Retroscena a Quarto Grado: “fuga d'amore a Roma”

Giorgia Peretti
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Una fuga d’amore sarebbe alla base dell’uccisione di Saman Abbas. Questa la novità emersa nella puntata di venerdì 18 giugno di Quarto Grado. Il programma di approfondimento sui casi di cronaca nera, condotto da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero, in onda su rete 4, ha ripercorso la vicenda della ragazza pakistana uccisa a Novellara, Reggio Emilia. Rea di aver rifiutato il matrimonio combinato con un cugino in patria, programmato per il 22 dicembre di quest’anno. Secondo quanto sembra emergere dalla trasmissione, alla base dell’omicidio compiuto dallo zio, ci sarebbe un movente aggiuntivo. La ragazza appena diciottenne aveva un fidanzato, anche lui pakistano ma residente in un’altra regione. I due avrebbero passato alcuni giorni assieme prima che Saman ritornasse a casa per recuperare i documenti e partire. Dopo aver lasciato la comunità protetta dove la giovane si trovava, l'11 aprile Saman non è tornata subito a casa, ma è stata dieci giorni con il suo ragazzo, tre anni più grande di lei, con cui ha potuto passare qualche giorno in un hotel di Roma.

 

 

Un gesto troppo audace per gli Abbas, come viene sottolineato anche in studio, a tratti impensabile poiché ad una ragazza musulmana non è concesso trascorrere del tempo anche in intimità con un ragazzo fuori dal vincolo matrimoniale. Quindi, il ritorno a Novellara dove da lì a pochi giorni la famiglia le avrebbe organizzato la trappola mortale. A partire dal messaggio della mamma che scrive: “Torna, stiamo morendo… faremo quello che dici tu”. Saman, ingenuamente, torna, fidandosi delle buone intenzioni della mamma per poi essere punita con la morte. Secondo quanto emerge dalle dichiarazioni del fratello minore, unico testimone, la famiglia era terrorizzata all'idea che Saman potesse fuggire di casa di nuovo e accostarsi ad un ragazzo non approvato da loro. Così interviene lo zio, una figura temuta all’interno della famiglia, che con la complicità dei genitori, avrebbe posto fine alla sua vita.

 

 

In collegamento anche Antonio Meluzzi, psichiatra e criminologo: “Nell’Islam l’adulterio è punito con la morte. C’è da fare un grosso lavoro sulla comunità islamica perché dobbiamo convivere con culture molto diverse tra loro. Se chiedete ad un Imam se l’adulterio può essere punto con la morte non potrà dirvi di no, perché dovrebbe contraddire il Corano". "Finché noi non riusciamo ad uscire da questa aporia avremmo grandi problemi” chiosa.

 

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