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Le pagelle di Cicciolina: Conte bocciato, bene Zaia e Sgarbi. "I politici e quei pizzini sulle mie mutandine..."

Giulia Sonnino
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Per anni è stata il desiderio proibito degli italiani. Ma ancora oggi Ilona Staller per tutti è soprattutto Cicciolina, l’icona erotica di un mondo che non c’è più, ma al quale lei ancora si sente legatissima: «Io sono una vera figlia dei fiori, una sessantottina nell’animo, una fricchettona. Ho sempre predicato Peace and love, però con le droghe non ho mai avuto niente a che vedere: magari mi bevo due bicchieri di vino rosso, un Gin Tonic, ma niente di più».

Ilona, nella vita e nel lavoro avrà conosciuto decine di uomini. Il più interessante?
«Un collega, il grande John Holmes, un uomo di un carisma unico, intelligente. Sa che è stato anche un rapinatore? Un gran delinquente, ma di un fascino!».
Come ha spiegato a suo figlio il lavoro che faceva?
«Glielo hanno detto a scuola, ma a lui del mio passato non importa. L’unico film che ha voluto vedere è Cicciolina number one: girava quella leggenda di un mio rapporto sessuale con un cavallo e lui ha voluto constatare che fosse soltanto una fesseria. Mi chiedo ancora: come si fa a dire certe cose? Ma ce l’avete presente un cavallo? Mah».
Cicciolina ha un tabù?
«Certo: non posso fare l’amante, non me la sento. Qualche tempo fa avevo perso la testa per un ingegnere nucleare, di una ventina d’anni più giovane di me. C’era una chimica pazzesca tra noi, ma dopo qualche tempo ho saputo che conviveva con un’altra donna. E allora ho fatto un passo indietro».

 

Che cosa le manca ora per essere felice?
«La serenità economica. Oggi sul web vendo i miei film, persino la mia biancheria. Allevo gatti chinchillà, ho pubblicato un’autobiografia "Cicciolina la mia vera storia" e vorrei vendere i miei quadri: lo sa? Dipingo da anni».
Allora è un’artista, come il suo ex marito Jeff Koons.
«Con il mio caro ex marito non ci parliamo da 27 anni, ma lui continua a guadagnare sulla mia immagine senza avermi mai dato nulla, una vergogna».
Il momento più brutto della sua vita?
«Quando nostro figlio Ludwig aveva un anno, Koons lo portò illegalmente in America e lì sono entrata in depressione. Ho preso il Prozac, non riuscivo ad alzarmi dal letto, non so come abbia fatto ad andare avanti. Koons non era un uomo tenero: è stato sempre manesco, anche durante la gravidanza. L’unico rimpianto che ho è per nostro figlio: ha sofferto molto delle nostre battaglie».
Una bugia sul suo conto che l’ha particolarmente infastidita?
«Da giovane in Ungheria ho lavorato per i servizi segreti, finché ho capito che rischiavo le penne e ho preferito lasciare. Qualcuno però ha insinuato che continuassi a fare la spia anche quando sono arrivata in Italia... ma per piacere!».
Che cosa pensa della pornografia attuale?
«È cambiato tutto: io guadagnavo 500 milioni di lire per ogni film, i produttori sapevano che li avrebbero venduti in tutto il mondo e pagavano a scatola chiusa. Ma c’erano sceneggiature vere, storie pensate. Ora con internet basta una che apra le gambe».
L’altro suo amore è la politica: oggi però è molto critica col governo italiano.
«Certo che lo sono, qui c’è fame, la gente si è ammazzata e gli aiuti non sono arrivati come negli altri paesi europei. A me questo governo non va giù».

 

Non salva proprio nessuno?
«Mi piace Zaia, ha cervello. E poi Vittorio Sgarbi: dovrebbe essere alla guida del Paese, ha una cultura che manca totalmente in parlamento. È un genio e, come lui, anche io ho dubbi sulla veridicità del Covid e su tutto quello che ci hanno raccontato. Visto l’andazzo non escludo di candidarmi di nuovo».
A proposito, se lo ricorda il primo giorno in parlamento?
«C’era talmente tanta gente a Montecitorio, che non riuscivo a raggiungere l’ingresso: ero sopraffatta dall’affetto della folla. Alla fine mi hanno dovuta tirare per mano».
Come si era preparata?
«Il mio sarto mi aveva confezionato un tubino verde bottiglia con balze tricolori, calze, guantini e décolleté bianche. Ma non feci in tempo ad andare dal parrucchiere, i capelli li legai».
Un’immagine che le è rimasta impressa?
«Io che attraverso il Transatlantico, mi giro di scatto e vedo deputati che mi squadrano dalla testa ai piedi. E poi, Craxi: era seduto due banchi dietro al mio, ogni volta che parlava mi giravo a guardarlo: aveva la faccia simpatica, era un bonaccione, mi dispiace tanto che sia morto in esilio».
Chi le manca più di tutti?
«Marco Pannella ovviamente, un padre per me e uno dei migliori politici che l’Italia abbia mai avuto, anche se non gli è mai stato dato un ministero: non se ne è mai lamentato, ma ne ha sofferto moltissimo».
In politica ha subito pregiudizi per il fatto di essere stata un’attrice porno?
«All’inizio c’era qualche bigotto che mi aveva etichettato: "La Staller è solo una pornodiva che non capisce nulla di politica". Le critiche peggiori le ho ricevute da Giovanni Negri, come me dei Radicali.
E con le donne?
«Ho trovato poca solidarietà femminile, specialmente ai vertici, non erano molto contente della mia presenza. Sarà stata anche l’invidia. Io invece non sono mai stata invidiosa: quando diedi vita al Partito dell’Amore decisi di coinvolgere anche la mia amica Moana Pozzi: politicamente l’ho creata io, nel ’91 le affidai la campagna elettorale, ma non seppe gestirla. Si sedeva, faceva autografi, ma non fu incisiva».

 

L’episodio di cui va più fiera?
«Una volta feci un discorso sulla violenza contro le donne. Al termine, sentii Nilde Iotti, allora Presidente della Camera, che disse: "La Staller ha parlato benissimo". Ne fui orgogliosa.
La proposta più indecente che le abbiano mai fatto da deputata?
«In Parlamento mi arrivavano spesso bigliettini in cui mi chiedevano il colore delle mutandine o se avessi il reggicalze. Poi ricevevo continuamente inviti a cena da uomini politici. Ma meglio non fare nomi».
Allora non era tutto rose e fiori.
«Ma prima di Mani pulite si stava meglio: almeno la gente lavorava e non moriva di fame come ora. Io vengo da un regime comunista, l’Ungheria, ma neppure lì c’era una dittatura come quella che abbiamo qui oggi».
 

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