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Paolo Maria Rossini (IRCCS San Raffaele): "Includere nei Lea la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva”

Su Clinical Neurophysiology un articolo che analizza l'evoluzione di due terapie: l'elettroschock utilizzato dal 1938 e la stimolazione transcranica

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La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) si è dimostrata uno strumento utile ed efficace nel trattamento di diverse patologie psichiatriche, in particolare non ha gli effetti collaterali verificati con la terapia elettroconvulsivante (ECT) - comunemente nota come elettroshock - e sarebbe importante arrivare a garantire questo trattamento a chi ne ha bisogno inserendolo nell’elenco dei trattamenti rimborsati dal SSN. La proposta è del prof. Paolo Maria Rossini dell’IRCCS San Raffaele Roma, responsabile del Dipartimento Scienze neurologiche e riabilitative che si occupa da oltre 30 anni di stimolazione transcranica con campi magnetici e ha curato le maggiori linee guida internazionali per il loro utilizzo clinico e di ricerca e che ha firmato un articolo pubblicato recentemente dalla prestigiosa rivista scientifica Clinical Neurophysiology, intitolato “One century of healing currents into the brain from the scalp: From electroconvulsive therapy to repetitive transcranial magnetic stimulation for neuropsychiatric disorders”

Negli ultimi 80 anni, da quando la terapia elettroconvulsivante (ECT)  è stata applicata per la prima volta nell'uomo da due ricercatori italiani (i proff.ri Bini e Cerletti) e dalla fine degli anni ’90, quando per la prima volta si è iniziato a trattare alcune forme di malattie psichiatriche con la stimolazione transcranica magnetica, vi è stata una evoluzione sostanziale che ha mostrato la complementarietà e le differenze dei due trattamenti (ECT e rTMS). L’ECT ha visto modificare il protocollo originale, al fine di ridurre gli effetti avversi (come deficit persistenti di memoria) senza perdere l'efficacia clinica, ma anche senza staccarsi del tutto dal bagaglio di rischi, effetti collaterali, di remore e problemi etici che da sempre sono al centro del dibattito quando si parla di elettroschock.

Come evidenzia l’articolo pubblicato da Clinical Neurophysiology, oggi è dimostrata per molti disturbi neuropsichiatrici l’efficacia di interventi neuromodulatori non invasivi mirati, individualizzati e sicuri grazie alla stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS), che inietta correnti nel cervello attraverso l'induzione elettromagnetica, abbastanza potente da depolarizzare i neuroni corticali e le relative reti neurali. “Considerata la letteratura scientifica, crediamo sia opportuno inserire nel paniere dei trattamenti rimborsati dal SSN anche la stimolazione transcranica – afferma Rossini, responsabile del Dipartimento Scienze neurologiche e riabilitative IRCCS San Raffaele Roma – come peraltro avviene già in altri grandi Paesi, ad esempio USA, Canada, Israele, Gran Bretagna, Germania, per il trattamento di alcune malattie psichiatriche, tra cui la depressione maggiore farmacoresistente. La letteratura scientifica ci dice che il trattamento è efficace e scevro da effetti collaterali, immediati e a lungo termine. Inoltre, ha costi decisamente inferiori rispetto all’elettroshock, perché non richiede ricovero (si effettuano sedute giornaliere ambulatoriali della durata di circa un’ora, 5 giorni a settimana per 3 settimane consecutive circa) nè anestesia generale oltre al fatto che non comporta gli stessi rischi”. “A questo si aggiunga – prosegue Rossini - che la stimolazione transcranica non suscita tutte le problematiche etico-morali che ruotano attorno al dibattito sull’elettroshock in tanti Paesi, compresa l’Italia. Infine va rimarcato che questa metodica, lungi dall’andare a sostituire i trattamenti farmacologici, sembra essere in grado di rendere più breve il loro periodo di ‘innesco’ che normalmente si aggira sulle 2-3 settimane dall’inizio della cura, riducendo in tal modo i disagi e le sofferenze a cui vanno incontro pazienti e famigliari”. “Andrebbe considerato anche – conclude Rossini – che nel nostro paese sono sorti molti centri che erogano a pagamento questo trattamento, spesso effettuato da personale non adeguatamente preparato ed in strutture che non hanno i requisiti richiesti dal SSN per questo tipo di attività sanitarie”.

Nonostante una progressiva flessione degli ultimi anni, accentuata dalla pandemia, secondo fonti del Ministero della Salute sono centinaia i Pazienti che ogni anno vengono sottoposti a cicli di elettroshock, spesso utilizzato come terapia di prima linea.

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