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Sì, tagliamo questi parlamentari. Ma dateci una legge per sceglierli

Dopo avere fatto battaglie per anni sui costi della politica è ovvio che alla domanda referendaria risponderò sì, e non potrei certo dire di no alla riduzione da 945 a 600 parlamentari stabilita dalla legge costituzionale che domenica 20 e lunedì 21 settembre siamo chiamati a ratificare o bocciare. Su questo non ho dubbio alcuno e mi fa un po' ridere il tono che si usa nei dibattiti referendari sulla perdita della democrazia o della rappresentanza popolare. Quale rappresentanza degli elettori ci sarebbe mai oggi? Sostanzialmente non uno degli eletti è stato davvero scelto da chi lo ha votato. E allora che siano 10, 100 o mille davvero cambia poco. Sono lì agli ordini del leader: se decide un sì, lo devono sposare tutti nel voto parlamentare. Se è no, tutti no. Se dissenti, ti espellono. Hanno fatto così anche con questa legge costituzionale: tutti sì per realpolitik anche quando pensavano no, ma oggi molti- diciamo così- hanno cambiato idea e in qualche caso è cambiata la realpolitik. E' proprio qui il vero problema, che però non ha nulla a che fare con il numero degli eletti, ma con la legge elettorale che è quella decisiva per dare il potere di scelta dei propri rappresentanti al popolo o delle proprie controfigure al leader di turno. Quella che si sta votando oggi in Parlamento ricade ancora nella seconda specie: fa scegliere controfigure del leader, e la battaglia vera andrebbe fatta su questo punto, non su altro. C'è da discutere anche di altre idee in qualche modo connesse al tema. Ad esempio sul vincolo di mandato. Si vorrebbe introdurlo nella costituzione per evitare il cambio di casacca e il tradimento degli elettori. Ma a cambiare casacca con queste leggi elettorali non si tradiscono affatto gli elettori: lo sgambetto è solo al leader che comanda. E allora evviva il “senza vincolo di mandato previsto dai padri costituenti”. Oggi se un eletto che si è presentato alle elezioni con 10 punti di programma dice “realizziamo il punto 9”, ma il suo leader su quello ha cambiato idea, non è certo un traditore: ha ragione lui e torto il suo leader. Quindi fa bene a votare in dissenso. Se il suo leader cambiasse idea, dovrebbe fermarsi e tornare alle urne chiedendo agli elettori il consenso alla sua nuova opinione, altrimenti il traditore del popolo è lui. 
Tagliare i parlamentari consente anche un discreto risparmio sui costi della politica. Molti altri risparmi si potrebbe avere anche senza alcun referendum, che ha un suo bel costo e ne annulla parecchi. Ne dico due facili facili, sicuro che resterò inascoltato come avviene da più di un decennio. La legge assegna a tutti gli eletti 3.500 euro al mese di diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (vitto e alloggio). Per quale motivo quella somma viene erogata anche a chi prima delle elezioni era residente a Roma e provincia? Quali spese in più avrebbe per soggiornare dove già soggiornava? Stesso discorso per i 1.100 euro al mese di taxi pagato forfettariamente a tutti i parlamentari per recarsi nell'aeroporto più vicino e imbarcarsi su un aereo diretto a Roma per raggiungere il Parlamento. Che aeroporto devono raggiungere quelli che già erano e restano residenti a Roma e dintorni? E perché debbono prendere quei soldi come tutti gli altri? Ecco, sono due piccoli esempi semplici semplici e ragionevoli. Ed essendolo non interessano a nessuno, e tutto resta così da anni... (di Franco Bechis)

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