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La sfida tra ex sulle passerelle di Valentino e Dior

Piccioli e Chiuri per la prima volta divisi presentano le nuove collezioni da direttori artistici in solitaria

Donatella Perrone
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La rivoluzione a Parigi porta il logo di Dior. E non solo perché Maria Grazia Chiuri a luglio è volata in Francia dopo la nomina a direttore creativo, ma anche perché, come un cerchio che si allarga sull'acqua, il cambiamento ha investito inevitabilmente anche Valentino, dove a tenere le redini è rimasto Pierpaolo Piccioli. Dopo una vita passata insieme influenzandosi a vicenda, i due hanno scelto strade diverse. La Chiuri, prima donna a conquistare il ruolo, è sbarcata in città con l'intento di spazzare via il passato, suo e della griffe, con un tocco pop e una buona dose di astuzia. Ha riempito il suo bagaglio di femminismo – ironico, se si pensa che alla guida di Dior si sono alternati solo uomini, da Saint Laurent a Simons -, di languidi rimandi al “suo” Valentino, e soprattutto, di idee chiare sul mercato. Ha visitato gli archivi rispolverando i simboli del marchio, dai tarocchi, alle api, fino alla bar jacket, ma poi, con un colpo di sciabola e un invito al coraggio, da leggersi in una parata di schermitrici che si ispirano a “L'Innocente” di Visconti, ma che un po' fanno pensare alla forza d'animo di Bebe Vio, ha messo in piedi una collezione all'insegna della desiderabilità, dove tutto, dalle gonne alle t-shirt, è immolato alla logica della praticità. Di contro, Pierpaolo Piccioli si è lanciato in un processo diametralmente opposto. Libero dai vincoli di una concezione a quattro mani, si è spogliato dai filtri lasciandosi andare ad una poetica più pura e solo apparentemente ingenua. Parola d'ordine: rinascita. E non solo per l'ispirazione dotta, che viene dal “Trittico del giardino delle delizie” di Bosch, seppur riletto in chiave punk dall'artista Zandra Rhodes. L'opera marca il passaggio tra Medioevo e Rinascimento, e allo stesso modo il creativo ha segnato il transito tra il passato e il presente del marchio. Semplificato nella sua veste attuale, Valentino tiene sì stretti i sui codici, il rosso, le tecniche artigianali sofisticate, i tessuti pregiati come il jacquard, ma si spinge ora verso una lettura tanto introspettiva quanto moderna, lasciando a Piccioli il merito di aver scritto il nuovo, intimo, capitolo della sua storia.

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