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Le moschee della Capitale: "I profughi non li vogliamo"

I luoghi di culto islamici chiudono le porte all'invasione Gli imam: "Troppi problemi di sicurezza, salute e decoro" LEGGI ANCHE Nel 2015 l'accoglienza ci costerà 1 miliardo di euro

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Neanche in moschea c'è posto per gli immigrati. I luoghi di culto islamici della Capitale chiudono le porte alle centinaia profughi che ogni giorno vagano per la città in cerca di un posto in cui fermarsi, magari solo per una notte. E sulla porta di entrata di qualche associazione islamica spuntano avvisi che impongono ai fedeli di presentarsi per la preghiera solo se si è in possesso di un documento di identità valido. Il tema della sicurezza è molto sentito anche dai musulmani che vivono in modo regolare sul territorio italiano. La maggior parte non vuole avere guai con la giustizia a causa di clandestini presenti in moschea, ma soprattutto non intende mettere a rischio la propria incolumità. Tutti i giorni, però, alle porte di alcuni luoghi di culto bussano una serie di presunti fedeli che dicono di arrivare dalla Siria, piuttosto che dall'Iraq o dall'Eritrea. Alla periferia est della Capitale, nel centro islamico «Masjid Al Rahman», in via Padre Agostino Fioravanti, i responsabili, viste le continue visite di immigrati privi di documenti di riconoscimento validi che chiedavano di essere ospitati, sono stati costretti a mettere un avviso sulla porta d'ingresso in cui si raccomanda ai frequentatori della moschea di presentarsi sempre muniti di un documento di riconoscimento. «Un mese fa la polizia ha portato via un tunisino senza documenti e da quel momento abbiamo deciso di chiudere le porte della moschea e aprirle solo durante le ore di preghiera - spiega Mamdo Farag, vicepresidente dell'associazione - Prima lasciavamo sempre le porte aperte, ma entrava davvero chiunque. Gente di cui non sapevamo niente, che stava qui qualche giorno e poi andava via. Con la scusa della preghiera arrivavano e poi si fermavano a mangiare e dormire, lasciando sporco ovunque. Quando poi tornavamo per pregare trovavamo panni stesi ovunque e i tappeti in condizioni pietose. Poi, però, abbiamo detto basta. Qui non si può fare accoglienza, qui si prega. I fedeli sono i benvenuti, ma noi dobbiamo sapere chi sono e da dove vengono. Se sei una persona sospetta qui dentro non entri». Da mesi la moschea Al Rahman era un via vai di gente che chiedeva ospitalità. Per evitare problemi, quindi, l'imam ha deciso di aprire le sale solo negli orari di preghiera. Troppo spesso si è presentata «gente strana - racconta Ahmed, un fedele - poco tempo fa è arrivato un tipo che diceva di essere siriano con un documento chiaramente falso con scritto "Al Baghdadi" e dicendo che lo aveva avuto dalla Questura di Roma». Il problema degli immigrati in cerca di assistenza provvisoria, però, non ha riguardato solo la moschea Masjid Al Rahman. Fonti della comunità islamica romana spiegano che «i luoghi di culto periferici sono uno degli obiettivi preferiti da chi non vuole farsi identificare, pensando di avere accesso e protezione per sfuggire alle forze dell'ordine. Nella maggior parte dei casi, però, non è così». Dello stesso parere Mohamed ben Mohamed, responsabile della moschea Al Huda di Centocelle che spiega: «Succede di frequente che qualche immigrato passa e chiede di essere accolto perché non sa dove andare, ma è difficile che vengano ospitati nelle moschee. Non abbiamo la possibilità di farlo, non abbiamo lo spazio, e questi sono luoghi dedicati alla preghiera». 

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