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Un Gallo italiano vola nell'Nba

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Gallinari con i Nuggets è diventato un simbolo di Denver Il feeling con il coach Karl lo ha letteralmente trasformato

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Nessunaallucinazione se il Gallo in questione veste la casacca dei Denver Nuggets con su cucito il numero 8. Se LeBron James è stato un prescelto, non si può negare che Danilo Gallinari fosse un predestinato. Chi lo aveva visto bambino, senza ancora quella massa di muscoli messi su nel trasferimento dall'Italia alla Nba non aveva avuto dubbi: il figlio di papà Vittorio, uno che il talento del pargolo se lo sognava ma in fatto di grinta non era secondo a nessuno, un giorno avrebbe sfidato da protagonista le stelle Nba. E così è stato, con la benedizione di Dejan Bodiroga che in una delle sue ultime apparizioni da giocatore vide decollare il ragazzino, allora in maglia Olimpia Milano, che dopo averlo polverizzato in uno contro uno gli schiacciò in faccia. Da allora di tempo ne è passato e il ragazzino s'è fatto uomo. Ha vinto la diffidenza di una piazza difficile come quella di New York che lo accolse con qualche fischio di troppo quando il 27 giugno del 2008 fu chiamato dalla squadra della Grande Mela con il numero 6 del draft. Lui incassò replicando a chi lo criticava con la freddezza di un veterano: «So che devo migliorare sul piano difensivo ma ce la metterò tutta. New York è la città più bella al mondo e farò del mio meglio per dimostrare che posso dare il mio contributo per vincere. Il lavoro non mi spaventa, sono qui per migliorare, per crescere professionalmente». Vincere non ha vinto a New York, ma ha trasformato i fischi in applausi prima di trasferirsi a Denver nella trade (scambio) che ha portato a New York Anthony. E c'è da credere che il Gallo benedica quel giorno. Il feeling con George Karl, il suo attuale coach, è esploso immediatamente. Il veterano delle panchine non ha avuto timore di responsabilizzarlo al massimo. E lui, sistemata quella schiena che spesso la ha fatto tribolare, ha risposto presente divenendo un idolo del Pepsi Center. Lo ha fatto con la sua arma migliore: fare canestro. Un susseguirsi di realizzazioni in tutti i modi, da 3, sua specialità, in penetrazione, spalle a canestro. Fino ad arrivare alla magica sera dello scorso 28 dicembre 2102 quando a Dallas, al cospetto di Dirk Nowitzki, ha cucito la sua partita perfetta mettendo nel cesto dei Mavericks 39 (record personale) dei 106 punti di Denver con i padroni di casa, sconfitti, fermi a 85. «E' stata una di quelle partite - ha detto - in cui senti che quando tirerai la palla potrà fare un'unica cosa: entrare». E non s'è fermato lì il Gallo perché sull'abbrivio di quella splendida prestazione s'è preso il lusso di essere, assieme a Ty Lawson, il trascinatore dei Nuggets allo Staples Center. Poco ha importato che di fronte ci fosse sua maestà Kobe Bryant e sulla panchina Mike d'Antoni, il coach che lo aveva voluto a New York. 20 punti del Gallo, 21 di Lawson e Los Angeles Lakers superati per 105-112. 15 personali anche nell'ultima giocata, vittoria su Orlando 105-108, e la voglia di non fermarsi per aiutare Denver, oggi settima nella Western Conference, a conquistare i playoff per l'anello. Poi ci sarà da pensare alla Nazionale. Perché l'azzurro gli scorre nel sangue. Non a caso è stato l'unico dei tre italiani della Nba nella splendida cavalcata che questa estate ha promosso l'Azzurra agli Europei di Slovenia da imbattuta. E farà di tutto per esserci, schiena permettendo: il Gallo non vuole smettere di volare.

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