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Tripletta Cavendish. E adesso le Alpi

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Cel'ha come caratteristica innata, quella di dar fastidio a qualcuno, con questa o quella dichiarazione, questa o quella azione (o non-azione, nel caso del suo andamento lento in salita). È un po' «rosicone», e gode di amicizie altolocate in seno all'UCI: ricordiamo ancora bene come McQuaid se lo coccolava come simbolo del nuovo ciclismo anglosassone pulito che nulla aveva a che spartire con la melma del vecchio ciclismo latino. Insomma, come è chiaro da queste poche righe, di motivi per farsi stare il britannico sulle scatole ce ne sarebbero in abbondanza. Poi arriva la giornata di Cervere, una tappa abbastanza insignificante (la più breve tra quelle in linea: solo 121 km), e una volata che dà un senso all'intera giornata, e a quel punto come si fa a non levarsi il cappello di fronte a Mark? I suoi compagni stavolta sono stati disastrosi, non solo hanno mancato il lancio del loro uomo, ma si sono ritrovati intruppati, facendo da tappo proprio all'iridato, sull'affollatissimo rettilineo finale. Cavendish non si è perso d'animo, ai 150 metri ha trovato un varco impossibile sulla sinistra, ha dovuto smettere di pedalare per non cadere, ma quando è ripartito sgusciando come un'anguilla tra le transenne e Goss, non ce n'è più stato per nessuno: un razzo, praticamente, spettacolo puro, poesia della velocità, e terza vittoria in questo Giro, la decima totale nella corsa rosa, davanti a Kristoff, Renshaw e Modolo. Oggi finalmente le Alpi. A Cervinia arrivo in quota, la corsa chiamerà finalmente all'opera i big: nessuno potrà più nascondersi.

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