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di Giancarlo Baccini Napoli-Lazio non è una partita come tutte le altre.

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Iquali, semmai, sono l'effetto della diversità e non la sua causa. Aldilà di ogni singolo capitolo della lunga epopea guerresca che hanno scritto insieme io sono infatti convinto che in realtà il pessimo rapporto fra le due squadre nasca - inconsciamente, ma non per questo meno compulsivamente - da ciò che il Napoli rappresenta agli occhi dei sostenitori laziali, vale a dire una contraddizione in termini, un ossimoro a 22 gambe.Eh, sì, perché pur sventolando gli stessi colori della società romana, il bianco e il celeste, il Napoli rappresenta una città i cui colori sono il giallo e il rosso, quelli della AS Roma. Per cui quando pensano al Napoli i laziali proprio non riescono a raccapezzarsi e vengono squassati da un conflitto odio-et-amo talmente forte e irrisolvibile che la controparte se ne accorge, scambiandolo per odio tout court, in ciò probabilmente condizionata anche da quella diversità antropologica che la rende così simile alla Roma e ai romanisti (tant'è vero che fino a non molti anni fa le due tifoserie erano gemellate e ancor oggi, almeno ad occhi laziali, sono apparentate da una passione verso la propria squadra talmente acritica da rasentare la cecità, dalla predilezione per i comportamenti teatrali e dal vittimismo immotivato).Ma se anche mi sbagliassi, e la reciproca antipatia fosse una pura e semplice questione di pelle, è un fatto che a far le spese del clima che ne deriva sono sempre stati i soli laziali. Non metto in conto direttamente al Napoli e ai napoletani uno dei più clamorosi furti subiti dalla Lazio nei suoi sanguinanti 111 anni di vita - l'annullamento del gol di Seghedoni nel corso della partita di B che avrebbe deciso quale delle due squadre sarebbe tornata in Serie A al termine del campionato 1961-62 - perché lì il ladro fu l'arbitro Carminati, il quale trasformò il gol in rimessa dal fondo grazie al fatto che la palla era uscita dalla rete attraverso un buco (a proposito: è da quel giorno che i guardalinee controllano le reti prima del fischio d'inizio...). Pur abbonando al «nemico» questo ferale episodio, però, l'elenco delle angherie che i biancocelesti hanno dovuto patire è talmente nutrito che, per cercare di risparmiare spazio, mi limiterò a citare solo quelle più assurde e imperdonabili. 1) Maggio 1973, ultima giornata di campionato. Scudetto in bilico fra tre squadre: Milan, che gioca nella città che da quel giorno sarebbe stata ribattezzata «la fatal Verona»; Juventus, impegnata all'Olimpico contro la Roma; e Lazio, di scena a Napoli. Bene: quando arriva al San Paolo, il pullman con i giocatori laziali viene accolto a sassate dai tifosi del Napoli, che feriscono, fra gli altri, il mitico autista Recchia. Naturalmente nessuno trova niente da ridire e la partita si gioca come se nulla fosse: i biancocelesti, scossi e impauriti dal clima rovente, perdono 1-0 e dicono addio allo scudetto (che andrà alla Juve grazie alla vomitevole arrendevolezza della Roma e all'incredibile disfatta veneta, 5-3, del Milan). 2) 5 luglio 1987, spareggi-salvezza per non retrocedere in Serie C. La Lazio si gioca la sopravvivenza in uno showdown senza appello contro il Campobasso sul neutro di Napoli. L'esodo in massa dei 40.000 tifosi biancocelesti vanifica il tifo-contro delle poche migliaia di napoletani che in odio a loro fiancheggiano i molisani ma fornisce agli ultras locali l'occasione per atti di guerriglia, come dar fuoco ai pullman parcheggiati in attesa di far ritorno a Roma, provocazioni che non riceveranno risposta solo grazie alla gioia per il gol-liberazione di Poli. 3) Serie A 2010-2011. È storia talmente recente che ricorderete tutti come il Napoli, grazie allo scandaloso annullamento del gol-mazzata di Brocchi, rubi la vittoria e la Champions League alla Lazio, con l'arbitro Banti gemellato a Carminati a 50 anni di distanza a scambiare per «fantasma» una rete mostratasi in carne ed ossa a tutti gli altri attoniti testimoni.4) Last but not least, l'episodio più recente. Non riguarda una partita ma per certi versi è il più emblematico di tutti. De Laurentiis, presidente del Napoli, molla un cazzotto in faccia a Lotito, presidente della Lazio, durante una riunione di Lega. Nessuno fiata. I giornali, anche quelli sistematicamente dediti alla più stucchevole retorica buonista e alle reprimende verso tutto ciò che non è «politically correct», dicono e non dicono, e comunque lo fanno in tono divertito (pensate che avrebbero scritto a ruoli invertiti!...). L'aggressore resta impunito e adesso c'è addirittura chi lo dipinge come «un grande presidente». L'aggredito viene trattato da povero scemo.Insomma, di motivi per far loro sognare una grande rivincita, sabato sera, Napoli e il Napoli ai laziali ne hanno forniti davvero tanti. Prima o poi verrà la volta buona, no?

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