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L'uomo con la valigia

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Jose Mourinho, allenatore dell'Inter

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MILANO - Di vulcanico, a parte la paura per quello islandese, che lo spaventa e lo costringerà a viaggiare oggi per Madrid mentre lui avrebbe preferito preparare la partitissima ad Appiano, gli è rimasto davvero poco, in questo periodo. Sì, qualche polemicuzza a distanza, come quella contro chi, a Barcellona, gli rimprovera esultanze eccessive, o con Van Gaal che sostiene che a lui interessa solo il risultato mentre il Bayern gioca anche per lo spettacolo. Ma il grosso delle stoccate se lo tiene. Perché è dato, e sembra proprio sul piede di partenza, nonostante continui a ripetere che «non sono l'allenatore del Real, e penserò al mio futuro solo dopo la finale di sabato». Le motivazioni dell'eventuale ma sempre più probabile addio le aveva già accennate, e le ripete con decisione: «non è un problema di contratto o di soldi e mi fa anche un po' di vergogna quello che guadagno con la crisi che c'è. E' un problema di soddisfazione personale, di sentirmi rispettato o no in un Paese calcistico in cui ho avuto tanti problemi». Ed evidentemente non si sente così. «Ovviamente – continua Mou – l'Inter non può fare niente di più per farmi essere felice e sentirmi importante: i giocatori sono fantastici, c'è empatia con i tifosi, tutti in società sono fantastici». Nonostante ciò, lui dovrebbe lasciare. A prescindere dal triplete. «Il risultato di sabato conta zero, non cambierà la mia consapevolezza di aver fatto tutto il possibile. L'Inter non mi deve niente e io non devo nulla all'Inter, perché ho dato tutto. Sono tranquillo». Ed è vero, lo si vede. Un po' anche perché dopo la grande paura di ieri mattina, quando durante l'allenamento Balotelli si è fermato toccandosi la coscia sinistra con una smorfia di dolore in volto, tutto si è risolto con una visita e la diagnosi di affaticamento muscolare che non mette in pericolo la sua presenza sabato sera al Bernabeu. Un'arma in più, per la corazzata di Mou. Che parte favorita nello scontro col Bayern, a Madrid. Città che potrebbe diventare teatro delle imprese di Mou non solo a breve termine, anche se di questo si parlerà, almeno ufficialmente, solo dopo la finale, e i due-tre giorni che il portoghese vuole per sé, e le sue riflessioni. Pacate e razionali, di certo tutt'altro che vulcaniche.

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