Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Roma in vetta, Vucinic decide il match

default_image

FOTO - Il derby tra sfottò e striscioni

  • a
  • a
  • a

Calci alla ragione, calci alla logica, questo è il derby. Vince la Roma, riconquistando la vetta della classifica a quattro passi dal traguardo finale. Perde la Lazio, che a lungo aveva avuto la partita in mano, dominando il primo tempo e fallendo, in apertura di ripresa, il rigore del ko Floccari ipnotizzato da Julio Cesar, eroe all'andata, eroe al ritorno. Nel giro di dieci minuti la partita è girata, doppio Vucinic dal dischetto e poi dal limite su punizione, complice Muslera. Quel vantaggio così avventurosamente maturato, la Roma lo ha difeso con i denti fino nel convulso finale, giocato tutto sul filo dei nervi, una marea di cartellini gialli, infine anche il rosso all'irriverente Ledesma. Per non farsi mancare niente, a giochi conclusi uno sgambetto di Radu a Perrotta che andava a festeggiare sotto la sua curva ha innescato una rissa indegna, peggio ancora il pollice verso di Totti, brutto gesto, a vanificare le belle immagini che pure la partita aveva regalato a piene mani. Certo, la delusione dei laziali era comprensibile, ma la responsabilità della sconfitta non poteva essere addebitata ai rivali: che, anzi, non molto avevano fatto per dimostrare la superiorità, netta nei numeri, che la classifica le attribuiva. Grande protagonista della serata è stato, prima nel male e poi nel bene, Claudio Ranieri. Si era arreso, dopo le demagogiche critiche seguite all'atteggiamento che aveva portato al pari interno con il Milan, tridente pesante in campo nonostante lo schieramento tattico della Lazio ammonisse a non rischiare la frana a centrocampo che puntualmente si è materializzata per metà gara. Poi però il tecnico romanista, a differenza dei suoi elettrici ragazzi, ha recuperato la lucidità, ma soprattutto il coraggio leonino, per modificare radicalmente l'assetto. Difficile credere ai propri occhi nel vedere, dopo il riposo, Menez e Taddei in campo, in panchina Totti e De Rossi, i due giocatori più rappresentatvi e più amati, ma anche i più esposti alla sindrome da derby, una partita che chi è nato a Roma non potrà mai gestire con la mente lucida. La Roma aveva visto le streghe già dopo un quarto d'ora, quando Rocchi aveva bruciato sullo scatto Burdisso, splendido il lancio di Ledesma, ma a gelare il popolo romanista era soprattutto la disinvoltura con la quale la Lazio gestiva la gara, non pervenuto il tridente pesante della Roma, mezz'ora prima di registrare il primo corner all'attivo. La svolta con il nuovo assetto tattico, ma soprattutto con la parata di Julio Sergio sul rigore di Floccari: netto il fallo su Kolarov, come quello che più tardi lo stesso serbo avrebbe commesso su Taddei. Tagliavento ha ammonito sette romanisti e due laziali, prima di cacciare Ledesma, qualche fischio ha suscitato proteste perfino eccessive, ma l'arbitro, sempre a un passo dall'azione, ha sbagliato poco, senza mai incidere. Vucinic ha siglato il pari dal dischetto, per il rigore propiziato da Taddei, era il 52', poi ha incenerito l'immobile Muslera su punizione dal limite violenta e centrale, il montenegrino protagonista in assoluto, ma è giusto sottolinenare come Menez abbia rovesciato l'indirizzo della gara e come Toni si sia battuto senza concedersi soste, un leone che alla fine era stremato, senza dare mai segni di cedimento. La Lazio ha giocato da grande a lungo, pagata cara qualche leggerezza difensiva, forse tardivo il ricorso a Zarate, che ha seminato il panico nella retroguardia romanista, senza trovare però soluzioni vincenti. Ammirevole Brocchi, ma tante le note positive, dal gran gol di Rocchi alla regia di Ledesma. Si può affermare, con onestà, che a Reja è mancato soltanto l'apporto della buona sorte. La sconfitta pesa, soprattutto per un finale che il deciso passo avanti dell'Atalanta rende più complesso del prevedibile, anche se la squadra vista ieri sera non è sicuramente da zona rossa. Adesso per la capolista c'è la sfida con la Samp, comunque meritevole di un grazie sentito per aver ridotto il discorso della scudetto a un dialogo con l'Inter, rimandati i sogni del Milan sconfitto a Marassi da Cassano e Delneri.

Dai blog