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Tutto il calcio... di una volta

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Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, voci storiche di Tutto il calcio minuto per minuto

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C'è stato un tempo, nella vita di tutti noi, in cui pensare di poter passare una domenica pomeriggio senza radiolina era un'assurda, illogica ipotesi. Una domenica senza «Tutto il calcio minuto per minuto»? Meglio una santa morte, avremmo risposto in coro sintonizzandoci su RadioUno, e accingendoci alle due ore più intense della settimana, due ore che, in qualsiasi caso, avrebbero preceduto la classica sbornia da Stock 84 (non si scappava: se la squadra del tuo cuore aveva vinto, dovevi brindare; se non aveva vinto, dovevi bere per augurarti miglior fortuna).   Due ore di palpitazioni, gol, racconti a volte ai limiti della fantascienza, cadute di linea, boati improvvisi e voci inconfondibili. Insomma, tutto il calcio minuto per minuto, nel vero senso della locuzione. Una trasmissione che nacque nel 1960 e crebbe di pari passo con l'influenza sempre maggiore che il pallone aveva nella società italiana. Ma fu nella seconda metà dei '70 che «Tutto il calcio» cambiò passo ed entrò nell'età dell'oro: i motivi di questo salto furono due, puramente tecnologici: fino al '76 non era stato possibile l'intervento in tempo reale del radiocronista in occasione di un gol, bisognava aspettare di ricevere la linea per dare notizia di una segnatura. L'«Intervengo da...», spesso anticipato da un fulminante «Attenzione!!!», divenne il marchio di fabbrica del programma, e comportò un evidente aumento dell'adrenalina. E poi il secondo motivo: la miniaturizzazione degli apparecchi radio. Già negli anni '80 eravamo torme di assatanati con questa gracchiante protesi incollata da una parte alla mano e dall'altra all'orecchio, e non c'era verso di staccarsene: né che si andasse a fare una passeggiata domenicale con fidanzata/famiglia/figli, né che si stesse a un pranzo di matrimonio. Bastava avere la radiolina in mano, e di colpo si diventava il centro dell'attenzione: c'era sempre qualche sfortunello sprovvisto dell'apparecchietto che ti fermava per strada e ti chiedeva: «Che fa la Sambenedettese?», e tu ripetevi a pappagallo quanto aveva appena detto l'inviato di turno, come manco Gassman nell'audace colpo dei soliti ignoti. Un fenomeno sociale. E quanti di noi non hanno, almeno una volta nella vita, arrochito la voce ed esclamato «Scusa Ameri, qui è Ciotti da San Siro»? Loro, i radiocronisti, erano delle figure eteree, siamo stati per anni a cercare di immaginare che faccia avesse Enzo Foglianese, ma ciò dava loro un'aura di autorevolezza senza pari, che eravamo disposti a riconoscere anche quando magari si inventavano delle azioni di sana pianta (chi avrebbe potuto smentirli?). Chi potrebbe descrivere la sensazione di spasmodica attesa che si provava quando di colpo arrivava un boato da un altro campo, e finché non sentivi la voce dell'inviato, eri lì a chiederti «Dove avranno segnato?», sperando ovviamente che alla domanda rispondesse il giornalista sul campo della tua squadra. E poi, sul più bello, nel momento di massimo pathos, magari mentre Enrico Ameri raccontava gli ultimi minuti della partita decisiva per il campionato, immancabilmente dalla Serie B Ezio Luzzi si intrufolava per descrivere con dovizia di particolari il quarto gol del Monza contro la Cavese. Ora che «Tutto il calcio minuto per minuto» compie 50 anni, ripensiamo a quanto da piccoli avevamo sognato una simile trasmissione in tv. Ma ora che ce l'abbiamo, ci rendiamo che l'emozione di sentire quelle voci in onde medie e modulazione di frequenza era proprio un'altra cosa.

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