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Un primato invidiabile, personale e familiare.

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Ilfesteggiato è Edoardo Mangiarotti, l'uomo dello sport italiano nei cui confronti si fatica ad assemblare, l'una sull'altra, il numero delle medaglie olimpiche e mondiali accumulate nel corso di una carriera internazionale iniziata nel 1936, ai Giochi di Berlino, ed archiviata ventiquattro anni dopo a Roma. Con i suoi 13 piazzamenti sul podio olimpico, sei dei quali sul gradino più alto, uno individuale e cinque a squadre, il nome dello schermitore appare da un cinquantennio nel Guinness dei primati. Lo precedono solo Larisa Latynina, ginnasta sovietica, al vertice con 18, e Michael Phelps, lo squalo di Atene e di Pechino, con 14 affermazioni. Il patrimonio è familiare, poiché si apre in inizio di '900 con il padre Giuseppe, quattro titoli italiani tra spada e fioretto, con la madre Rosetta, vincitrice nel 1931 delle cosiddette Olimpiadi della grazia, si completa con il curriculum sontuoso del fratello Dario, classe 1913, un oro e un argento olimpici e cinque titoli mondiali, con il terzo fratello, Mario, secondo a squadre ai Mondiali del '51, e con la figlia Carola, azzurra ai Giochi del '76 e dell'80. Momento topico nella carriera di Edoardo - cui la scienza tecnica del padre impose l'uso privilegiato del braccio sinistro, pur destreggiandosi l'atleta all'occorrenza, con pari dignità, con il destro - i Giochi di Helsinki del 1952, nobilitati dai due titoli olimpici nella spada, individuale e a squadre, al termine di una lotta in famiglia archiviata con la medaglia d'argento di Dario e con l'abbraccio sul podio. Collaboratore, all'epoca, della Gazzetta dello Sport, e ancora in accappatoio, Edoardo dettò personalmente la cronaca della gara al giornale. Quattro anni dopo, ai Giochi di Melbourne, lo schermitore milanese fu portabandiera della squadra italiana. Lo sarà ancora, caso unico nella storia dello sport nazionale, a Roma, nei Giochi del 1960.

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