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Contro la Juventus mezza Roma non basta

Christian Panucci in contrasto con l'attaccante della Juventus Vincenzo Iaquinta

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Troppa poca Roma per pensare di poter dire qualcosa in campionato contro una Juve così cinica. Senza Totti, De Rossi, Pizarro, Juan, Aquilani, Cicinho, Taddei, Perrotta, Cassetti, Motta, Diamoutene e con delle riserve modello babyland, Spalletti fa quel che può: poco. Anzi nulla, in una serata che di primavera ha solo la panchina giallorossa, e dalla quale esce con l'ennesima sconfitta pesantissima. Quattro a uno, troppo per quello che si è visto in campo con una Roma che ha tenuto fin che ne ha avuto. Poi il crollo, pesante che lancia i bianconeri all'inseguimento dell'Inter e lascia al palo i giallorossi che rischiano di veder passare, inermi, anche il treno Champions. Eppure la Roma vuole fare la partita e parte bene. La squadra di Spalletti disegna le geometrie imposte dal tecnico, prendendo spazio nel campo contro una Juve che sembra lontana parente di quella che prova a riacciuffare l'Inter capolista. Certo, l'assenza di undici titolari (praticamente un'altra squadra), non può non pesare sulle dinamiche di un gioco che troppo spesso si ferma a ridosso dell'area difesa da Buffon. Il vero assente della serata è Baptista che come già successo nell'ultima uscita in campionato, non riesce a tenere un pallone tra i piedi mostrando un'involuzione tecnica preoccupante. Senza di lui e con un Menez impalpabile, la Roma sbatte sempre sul muro centrale alzato da Ranieri e prova quindi a sfondare dalle fasce esterne del campo: tocca prima a Vucinic, poi a Tonetto che arriva da dietro sulla gran palla di Riise (complice un black-out di Grygera), ma la sua botta sbatte sul groviglio di piedi bianconeri. In campo c'è solo la Roma, che comunque sbarella ogni qual volta la Juve arriva dalle parti di Doni. Così, alla prima azione vera i bianconeri passano: un classico giallorosso. Gran cosa di Giovinco che spacca a metà la difesa e serve Iaquinta. Uno contro uno con «birillo-Loria» non è un match: lo salta facile, poi destro implacabile e gol da attaccante vero sul quale Doni non può nulla. Fa uno a zero e i cinquemila juventini incappucciati all'Olimpico esplodono. Ma la Roma resta lì e non fa una piega, si rialza e prova a reagire: bella la conclusione di Vucinic (di prima intenzione) deviata in angolo che chiude di fatto la prima metà di gara. Ripresa che si apre ancora nel segno della Roma. Per uno strano scherzo del destino è proprio Loria, imbarazzante nell'azione del vantaggio bianconero, a riaprire la partita. Angolo dalla destra di Buffon, il difensore giallorosso apre il «piattone» che infila Buffon e fa esplodere l'Olimpico assieme alle lacrime del forse fin troppo bistrattato giocatore cresciuto proprio nel vivaio bianconero. I giallorossi però non hanno nemmeno il tempo per godersi il gol «impossibile», che arriva il raddoppio di Iaquinta. Stavolta l'attaccante è fortunato con un rimpallo, ma anche ad approfittare del black-out di Mexes e riporta in vantaggio i suoi. È il decimo della ripresa e dopo due minuti, sempre lui migliore in campo dei bianconeri, salva sulla linea l'incornata di Mexes in cerca di riscatto dall'altra parte del campo. Le due squadre si allungano col passare dei minuti, Riise è costretto a salvare in extremis su Del Piero e Spalletti prova a cambiare: dentro Montella per Loria che stavolta esce dal campo senza fischi. È la mossa della disperazione e cambia poco: dopo cinque minuti la Juve chiude la gara: angolo di Del Piero, testa di Mellberg: 3-1. Tre tiri in porta altrettanti gol. Finita? Macchè, in una serata così manca solo la beffa. E arriva, puntualissima dai piedi dell'ex laziale Nedved appena entrato per la standing ovation di Giovinco. Dal mischione in aria si alza un campanile sul quale il ceco al volo uccide la Roma. Poi è la fiera dei primavera con gli esordi di D'Alessandro e Stojan: oggettivamente con questa squadra di più non si poteva fare. La Juve vola a -4 dall'Inter, la Roma resta lì a metà del guado.

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