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«È un'Italia all'attacco ma sarà dura ripetersi»

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Ma la convinzione del ringhio azzurro - assai fiducioso nella squadra «più offensiva» allestita da Donadoni - è dettata solo dalla voglia di non fermarsi alla vittoria di Berlino. «Tranquilli, sono sempre lo stesso: io mi mangio cartellini e pallone, in campo...». E in effetti sembra un morso continuo ai luoghi comuni, la sua conferenza stampa che a quattro giorni dall'esordio con l'Olanda irrompe come una tempesta di allegria. Tra una battuta su Carla Bruni («È incerta su chi tifare tra Italia e Francia? Faccia 50 e 50, un po' è la moglie di Sarkozy un pò è la donna che fa pubblicità a un'auto italiana») e una su Mourinho (Ha mostrato di avere due cose grosse così, sotto... Si è presentato subito nella nostra lingua: parla italiano meglio di me»), il mattatore Gattuso ha espresso senza remore le sue certezze. «Ho rivisto tutte le partite del Mondiale, abbiamo dato il massimo, ma diciamo la verità: siamo stati anche fortunati. Rischiammo a ogni partita, potevamo perdere ovunque». Non è per mettere le mani avanti, assicura, ma per ricordare a tutti come sia indispensabile «evitare una presunzione da campioni del mondo, e piuttosto scendere in campo con il coltello tra i denti». Quanto al confronto Mondiale-Europeo, Gattuso motiva con precisione la certezza di molti protagonisti: «Un Europeo è molto più difficile: le squadre hanno un alto livello tecnico-tattico e sono più evolute di certe squadre sudamericane». Figurarsi se può essere un approccio morbido quello dell' Italia, inserita nel girone della «morte» con l'Olanda, la Romania e la Francia. «Sono quattro le squadre che si possono qualificare. Cosa è cambiato da Lippi a Donadoni? Di diverso c'è che abbiamo perso il nostro capitano, e l'assetto tattico: con tre punte, non si può negare che questa Italia sia molto offensiva». Merito di Donadoni, è il messaggio di Gattuso, che sin dai primi giorni del dopo-Mondiale invitò tutti a dare fiducia al giovane ct di Bergamo. «Lui ha un'idea molto chiara su come deve giocare la nazionale: non dimentico che a Glasgow andammo con tre punte, nonostante per la qualificazione ci bastasse un pareggio». Chiede di non aspettarsi dall'Italia un altra vittoria purificatrice, «perché portare la maglia azzurra è già pesante e caricarla di altre responsabilità non mi pare giusto. I problemi del nostro campionato si risolvono con gli stadi di proprietà. Sui giovani e gli stranieri, dico al presidente del Coni Petrucci, andiamo già meglio di qualche anno fa. Ora a preoccuparsi devono essere in Inghilterra o Germania». Poi, a raffica, una serie di elogi per i compagni. «Abbiamo due centrocampisti che con Gerrard fanno a gara per il titolo di migliore al mondo, nel ruolo - dice Gattuso - ma l'arma in più può essere Aquilani: mi ha impressionato l'assist del secondo gol contro il Belgio, quelli sono gran colpi. Poi io confido in Toni: lui può essere il giocatore decisivo. Speriamo solo di non averlo gufato con tutti questi elogi...». Detta così, Gattuso finirebbe tra le riserve. »No, no: io sono sempre lo stesso. Il bruciore allo stomaco è cominciato, l'adrenalina sale. Vedrete cosa combino in campo».

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