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Un altro scempio della «Lazialità»

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E la puntualizzazione attenua perfino l'imbarazzo avvertito durante la fischiata premiazione di Angelo Peruzzi, glorioso saltimbanco arrivato a eguagliare in biancoceleste la carriera di Felice Pulici e ormai deciso a chiudere quel suo teatrino delle meraviglie il 28 maggio 2007. Speriamo che ci ripensi l'asso di Blera, mentre prosegue questo scempio inspiegabile degli affetti legati al club di Formello, di certo precipitato nel peggior periodo della sua storia causa uno scisma senza precedenti in qualsiasi altro ambiente. Qui le partite di campionato sono diventate un dettaglio e ha ragione Delio Rossi quando ricorda che da troppo tempo la sua squadra rimbalza sui giornali per vicende avvilenti. E qui chiunque al posto dell'allenatore riminese avrebbe smarrito la voglia di lavorare e di motivare con entusiasmo i propri atleti, sottraendoli allo sfascio tutt'intorno. Come si può allora storcere la bocca per l'ultimo 0 a 0 archiviato, quarto risultato utile consecutivo e quarta partita senza prendere gol, mentre ci sembrano consolanti le proteste dei pochi laziali di buona volontà verso i loro fratelli impazziti dentro uno stadio semi vuoto? Toccato il fondo nei rapporti fra pubblico e dirigenti al comando, qualsiasi appiglio sembra bastare per vagheggiare il ripristino di una serenità tutt'ora di la da venire dentro un mondo avvelenato e sgangherato da troppi interessi contrastanti. La squadra meriterebbe incitamenti a senso unico, nonostante l'improvvisa stanchezza affiorata nella ripresa davanti ai cagliaritani prima che l'arbitro De Marco e i suoi collaboratori rovinassero e imbruttissero definitivamente una sfida già avara di contenuti. Tre espulsioni e quattro ammonizioni testimoniano una direzione di gara inadeguata e approssimativa proprio in chiusura di un turno di campionato straripante di valutazioni assurde un po' ovunque. Sì, gli arbitri giovani e i superstiti dal diluvio di calciopoli restano più o meno quello che erano prima che deflagrasse lo scandalo. Ma in una situazione tanto anomala evapora pure il desiderio di capire perché la Lazio si ritrovi sottozero, avendo avuto subito l'opportunità di impallinare Chimenti con il quindicesimo rigore buttato via da Oddo. Ne aveva indovinati quattordici e i fluidi negativi di un habitat senza pace gli hanno presumibilmente impedito di allungare il proprio record, quasi non bastassero nella serata le imprecisioni distributive di Ledesma, la scarsa vena di Mauri e un Baronio intermittente a supporto della poco ispirata accoppiata Rocchi-Pandev. Che per motivi diversi sono in netto ritardo sui 25 gol complessivi della scorsa stagione: sempre non pervenuto Pandev, macedone adesso decisivo giusto nella sua Nazionale, Rocchi è fermo a quota due e si ostina a sradicare improbabili soluzioni da solista ignorando spesso i compagni meglio appostati al tiro. Così, nella serata dei laziali contro i laziali, gli assaltatori imprecisi di Delio Rossi hanno purtroppo rinunciato alla bella abitudine di andare a bersaglio, privilegio replicato in sedici prestazioni consecutive. Tuttavia si rifaranno, e non ci sono dubbi che già dalla prossima sul neutro di Lecce contro il Catania qualcosa di buono salterà fuori. Invece irrisolvibile resta la situazione kafkiana cominciata nei giorni delle febbrili trattative al Ministero delle Finanze per la spalmatura del megadebito. Lì la Lazio ha cambiato pelle diventando irriconoscibile. E sembra inutile sperare in una liturgica rappacificazione finchè Lotito, stanco di lottare, non mollerà.

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