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FAIR PLAY

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Ci sono stati momenti in cui il calcio ha rischiato di soffocare tutte le altre discipline sportive, che solo grazie ai miracoli di qualche giovane di talento riuscivano a ritagliarsi un po' di spazio ed a mantenere a livelli accettabili il nostro medagliere in occasione delle grandi prove internazionali e delle Olimpiadi. Tuttavia un qualsiasi giocatore di serie A aveva una popolarità (per non parlare dei guadagni) superiore a quella di autentici campioni che ogni quattro anni ci consentivano di salvare la faccia ai Giochi. Fino ad un certo punto il calcio ha concesso agli altri sport qualche settimana di ferie durante l'estate. Il Giro d'Italia e quello di Francia sono riusciti a distrarre gli italiani dalla loro passione principale, in epoche diverse Benvenuti e Mazzinghi, Zeno Colò ed Alberto Tomba, Berruti, Mennea, Sara Simeoni, Novella Calligaris, Adolfo Consolini e qualche altro fenomeno hanno strappato qualche titolo e qualche prima pagina al calcio. Negli ultimi anni prima con la campagna acquisti, poi con gli scandali il calcio ha occupato anche l'estate. Ma li avete visti gli stadi italiani quando non giocano le tre squadre che si dividono scudetti, quattrini ed attenzioni? E' imbarazzante il confronto tra le cornici di pubblico di una qualsiasi partita del campionato inglese e quelle tribune semideserte di quasi tutti gli incontri del nostro torneo. Volendo cercare le cause di questa crisi non si sa da che parte cominciare. Sembra quasi che sia in atto un piano preparato con fredda determinazione per smontare il nostro giocattolo preferito. Anche se il prezzo dei biglietti è il motivo più gettonato per giustificare la fuga dagli stadi, credo invece che le ragioni vadano cercate in altra direzione. Il campionato a 20 squadre, l'inaccettabile principio della soggettività dei diritti televisivi, la formula del girone che comporta il rischio di uno scudetto assegnato prima di Natale, il diabolico ancorché irrinunciabile meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni che possono portare il Napoli in serie C ed il Chievo in serie A. Ma c'è, ancora più importante, l'assoluta mancanza di una qualsiasi strategia da parte dei nostri club per aumentare il grado di fedeltà tra lo spettatore e la propria squadra. In questo campionato l'Empoli ha venduto 295 biglietti quando ha ospitato la Reggina, 8.969 quando ha ricevuto la Juventus, il Chievo 993 biglietti per il Cagliari, 12.459 per l'Inter, in Inghilterra che giochi il Chelsea oppure il Sunderland (ultimo in classifica) è la stessa cosa. L'aspetto più preoccupante di questo problema è che non si vedono segnali di ravvedimento o di correzione. Non c'è alcun progetto per dare alla Lega una direzione più manageriale e più neutrale, nessuna intenzione di modificare il sistema di distribuzione delle risorse televisive, nessuna volontà di voler introdurre la formula dei playoff. Per guarire bisogna essere consapevoli di essere ammalati, bisogna individuare la malattia e trovare i medici per curarla.

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