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Il terreno frana sotto i piedi del colonnello Blatter

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Un terremoto annunciato, non si potrà neanche prendersela con la Protezione Civile per il mancato allarme: il contrario, casomai,visto che il problema era sotto gli occhi di chi fosse dotato non di approfondite conoscenze giuridiche, ma da un minimo di sano buonsenso. Per i non addetti ai lavori, è bene chiarire che cosa sia il «G14»: in origine quattordici grandi club, attualmente sono diciotto ma il nome è rimasto lo stesso, per l'Italia vi sono Juventus, Inter e Milan, il presidente attuale è Roberto Bettega. Questo gruppo è stato il primo ad aprire un contenzioso con le federazioni nazionali, ma anche e soprattutto con quella internazionale: rivendicando il diritto di non delegare ad altri la gestione, l'uso, ma anche l'abuso, dei giocatori che dai club sono stipendiati e che dunque ai club soltanto devono l'obbligo delle loro prestazioni. Che cosa è accaduto e che cosa continua ad accadere, anche quando il calcio è divenuto professionistico? Che le aziende debbano cedere gratis i loro lavoratori alle rispettive federazioni per consentire la messa in scena di eventi gestiti e organizzati dalla Fifa: con ingenti guadagni per tutti, ma noi per chi paga gli stipendi degli attori. Una situazione che in qualsiasi altro settore della vita civile sarebbe talmente assurda da non richiedere neanche un banale ricorso in pretura per essere definita illegale. Ma la Fifa continua a imporre i suoi diktat, spesso per manifestazioni create soltanto per blandire gli sponsor: e le società devono vedere, impotenti, i loro giocatori affrontare viaggi lunghissimi e impegni rischiosi, senza poter onorare le scadenze dei campionati, quelle per le quali ricevono costosissimi ingaggi. Dopo qualche avvisaglia, come l'iniziativa di Beckenbauer andata a buon fine per l'indennizzo in seguito all'infortunio a un giocatore impiegato in nazionale, più pesanti diventano le iniziative del Lione, per il caso di Abidal, e del Charleroi, per quello di Oulmers. Uno ha giocato con la Nazionale francese, l'altro con quella marocchino: si sono infortunati, con stop non irrelevanti, i club hanno chiesto i danni alla Fifa che ha reagito con le illuminate parole di Blatter: «Ci stanno mancando di rispetto». E il rispetto delle leggi? Logico che il colonnello sia elastico in materia, visto che è indagato per il fallimento dell'Isl, istituto legato alla Fifa. Ma anche il rispetto del buonsenso? I saloni del calcio mondiale affermano che le società dovrebbero essere gratificate dalla convocazione dei loro giocatori per le rispettive nazionali, perché acquistano prestigio. Forse in un passato abbastanza sfumato, visto che adesso un cittì chiama in un anno parecchie decine di atleti, basta guardare in casa nostra. Ma il punto è che il «G14» sta preparandosi a rivolgersi ai tribunali internazionali e che il Lione si è già rivolto al tribunale civile. Con l'aggravante di un autogol della Fifa, che lo scorso anno a Marrakech aveva definito le federazioni «imprese commerciali», così da regalare all'avvocato Dupont, l'uomo del caso Bosman che rappresenta il Lione, un'arma micidiale; non si può essere e lo stesso tempo «ente regolatore» e «ente impresario». Da questa paese illegalità sarebbe veramente ora di uscire, sia che i club trovino un ruolo importante al tavolo della Fifa, a livello decisionale, sia che si arrivi allo scontro diretto, che restituirebbe alla società il pieno diritto di gestire in proprio, e sempre i loro dipendenti. Un ultimo interrogativo: come mai nel «G14», che al contrario della lega sa come difendere gli interessi delle società professionistiche, figurano soltanto la Juve e le due milanesi? A Roma sembra che nessuno sia stato mai sfiorato dall'importanza del problema, a meno che non si ammetta implicitamente che da queste parti il professionismo è di Serie B.

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