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Caso Iaquinta I friulani

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così perdono credibilità

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Tuttavia credo che siano ugualmente opportune alcune considerazioni perché ci sono due aspetti completamente diversi ed importanti che qui si incrociano e si sovrappongono. Uno riguarda una norma antica ed inutile (perché mai applicata o più semplicemente perché impossibile da applicare) che impone ai club di mettere in campo, in ogni partita, la formazione migliore. In primo luogo non ci sono criteri obbiettivi per stabilire quale sia la formazione migliore, la cui scelta dovrebbe essere competenza esclusiva dell'allenatore. Inoltre se analizziamo la composizione di molte squadre nelle ultime giornate dei vari campionati o alla vigilia di importanti appuntamenti nelle Coppe europee per verificare come quella norma sia stata disinvoltamente aggirata o ignorata. Qui mi pare che non ci sia nulla da fare ed è questa la ragione per cui sarebbe più opportuno e più dignitoso cancellare immediatamente quella raccomandazione. Più delicato ed importante mi sembra invece un altro aspetto che riguarda la regolarità del campionato. Non ci sono prove contrarie ma, come la stessa Juventus ha ammesso, è fin troppo evidente che l'esclusione di Iaquinta ha danneggiato l'Udinese ma soprattutto ha favorito la Juventus. Dal club friulano fanno sapere: «Aspettate a giudicare senza sapere se Iaquinta giocherà contro il Milan e l'Inter, le più probabili avversarie della Juventus nella lotta per lo scudetto». Credo che in questa vicenda l'Udinese abbia perduto un po' della credibilità e soprattutto della simpatia che si era conquistate nelle ultime stagioni. Da una parte si può apprezzare la coerenza usata dalla società anche in casi precedenti (il più noto quello che ha avuto per protagonista il cileno David Pizarro, il regista poi ceduto all'Inter) ma agli appassionati, esclusi forse i tifosi della Juventus, la decisione del presidente Pozzo non è piaciuta affatto. Lasciamo comunque da parte i tifosi e gli interessi di parte, ma mi pare pericoloso e grave che ai vari motivi di evidente irregolarità che disturbano il nostro campionato (il più grave è l'ingiusta ed esagerata differenza nella distribuzione delle risorse televisive) si aggiunga ora la possibilità di un club di alleggerire il proprio organico con decisioni che non riguardano le tradizionali varianti (infortuni, squalifiche, chiamate nelle nazionali straniere, ecc.) ma piuttosto il nuovo scenario proposto dalle trattative tra club e calciatori alla vigilia (ma qualche volta con largo anticipo) della scadenza del contratto. La casistica si sta ampliando se si ricordano le vicende Taddei-Siena o Cassano-Roma. La norma che libera un calciatore alla fine di un contratto è diventata un'arma importante nelle mani dei calciatori ed era inevitabile che i club cercassero di difendersi per evitare di perderli a parametro zero senza ricavare un euro dalla loro cessione. Di qui una nuova situazione: i club vogliono cautelarsi proponendo il rinnovo anticipato del contratto, i calciatori chiedono cifre esagerate per accettare queste proposte. A me sembra inaccettabile l'uso, come arma del confronto, dell'esclusione dalla squadra, utilizzando in certi casi (Cassano e Iaquinta) l'imminente vetrina mondiale, alla quale tutti vorrebbero partecipare, come arma di pressione. L'Udinese ha ragione nel rifiutare a Iaquinta un aumento che non è nelle sue possibilità, ha torto quando lo toglie di squadra, danneggiando non solo il calciatore ma la regolarità del campionato.

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