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Scudetto o crisi Due parole proibite

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Prima della sosta natalizia il termine impronunciabile all'interno delle mura di Trigoria era «scudetto». Adesso, dopo la seconda sconfitta stagionale, contro un Brescia non irresistibile che ha tirato in porta una sola volta (su rigore), la parola incriminata è «crisi». Non provate a pronunciarla in presenza di Capello perchè il tecnico giallorosso ha le idee chiare. Parla di flessione, calo psicologico, ma continua ad essere soddisfatto della sua Roma. A lui, per esempio, è piaciuta la squadra del secondo tempo di Brescia. Contento lui... Ma i numeri dicono tutt'altro e tracciano, senza rischio di smentita, la «crisi» della Roma. Basta fare un paragone tra la squadra dei record, anche quella osannata a suon di cifre, della prima parte di stagione e quella, incagliata, del dopo-Natale. Nelle prime 14 giornate (fino alla sosta natalizia) la Roma aveva vinto undici gare, senza subire sconfitte, rimediando un solo pareggio. Nelle cinque partite del nuovo anno sono arrivate invece, oltre a due vittorie, un pareggio e ben due sconfitte: le prime di questa stagione in campionato. Gennaio nero? Forse, ma la sosta sembra aver smontato come panna al sole la carica agonistica, ma soprattutto il gioco, della Roma dei miracoli: quella dei 36 punti su 42 e che, in questo primo squarcio di 2004, ne ha invece portati a casa sette su quindici. Media letteralmente dimezzata. E proprio in fatto di «medie» emerge il dato più preoccupante. Nella prima parte di stagione Totti & Co. hanno viaggiato a circa 2,57 punti a gara, ora si ritrovano a 1,4: meno della metà. E la differenza si vede, soprattutto dal punto di vista del gioco. La squadra di Capello sembra impacciata, non gioca più con la facilità di prima e soprattutto segna meno incassando molto di più. Dai quattro gol subiti in 14 gare, siamo drasticamente passati a un gol a partita. Esattamente inversa, invece, la media delle reti realizzate. I 31 gol del pre-Natale, che facevano viaggiare la Roma a quota 2,21, sono mestamente diventati sei in cinque gare: con 1,2 gol di media a partita. Ma cosa manca alla Roma? Cosa è cambiato? All'apparenza nulla, la squadra è la stessa, il modulo anche, ma non la testa e forse le gambe di molti. Sono mancati proprio gli uomini chiave. Una Roma con Emerson a mezzo servizio, Totti al 30% e un Cassano come quello visto a Brescia, è un'altra squadra: magari ancora da vertice, ma non in grado di vincere qualcosa. I giallorossi sono divenuti troppo prevedibili, giocano sempre allo stesso modo ed sono «monchi» di una fascia del campo: la sinistra. L'unica alternativa alle giocate di classe di Totti e Cassano è la spinta del solito Mancini sulla destra. Così, quando il duo delle meraviglie cala, basta alzare un muretto dalle parte di Mancini (vedi De Biasi al Rigamonti) e il gioco è fatto: la Roma non arriva in porta o lo fa solo su calci piazzati. Troppo poco per una squadra che vuole vincere, troppo poco se le antagoniste sono Milan e Juve. Gli arbitri? A onor del vero, finora la Roma quest'anno non ha subito granchè. Semmai sono gli altri che iniziano a usufruire di qualche spintarella: ma questo è un altro discorso e parlarne non fa bene a nessuno, tantomeno alla Roma. A tutto questo aggiungete il ritmo infernale che questa stagione ha ormai adottato (43 punti dopo 19 giornate valgono -5 dalla vetta) e la crisi è servita. La cura? Tre punti contro la Juve nel posticipo di domenica prossima potrebbero essere un buon anti-depressivo. Al dottor Capello il compito di prescrivere la ricetta.

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