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Jovanotti: "Questa è molto di più della vita che sognavo da bambino". L'intervista

Valentina Bertoli
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Lorenzo Jovanotti riparte dal corpo: ne studia la struttura, si infiltra nelle sue pieghe e nella sua carne, ci gioca inseguendone le ombre, se ne riappropria e, meravigliato, lo canta. Un po' intorpidito dalla caduta in bici a Santo Domingo (che lo ha costretto a un lungo periodo lontano dal palco), eppure pieno di vita, il «ragazzo fortunato» scandaglia i tessuti e gli organi che lo rendono uomo e tira a sé i lacci invisibili che lo stringono forte alla sua gente per celebrarla. È così che, grazie all'inaspettato e non al pianificato, ai respiri e ai battiti, il rapper scoperto da Claudio Cecchetto torna a prendersi cura della scena. «Il corpo umano – Vol.1» è il suo nuovo visual-album (i cui video sono stati girati nella Galleria Borghese di Roma) e sarà disponibile dal 31 gennaio. «Sono così felice di essere vivo. Sto meglio di ieri e peggio di domani. Il corpo è un campo di battaglia in un tempo in cui tutto si smaterializza. Le cose le scopri quando ti mancano. Oggi sono colmo di desiderio», racconta il cantautore, che ha scelto di tenere traccia del tema cardine del suo lavoro anche nella copertina del disco, dove la sua faccia prende il posto di quella di «Cavity Sam», il paziente del gioco da tavolo «L'allegro chirurgo». Sono 15 le tracce che, tra carezze di velluto, ventate di groove e pareti di suoni contemporanei, si alternano per dipingere con pennellate dense un quadro di evoluzione e di cambiamento. Se in pezzi come «Montecristo» e «La grande emozione» a vibrare sono le parole; in «Fuorionda» e «Il corpo umano» i ritmi incalzanti delle percussioni dominano. Un progetto, quello di Jovanotti, che arriva alla vigilia di un tour nei palazzetti (che farà tappa anche a Roma tra la fine di aprile e l'inizio di maggio) e che si aggiunge alla già annunciata presenza del cantante nella prima serata del Festival di Sanremo. I suoi concerti saranno «viaggi multisensoriali» e la tecnologia, prepotente amica, amplificherà la loro unicità. La partecipazione alla kermesse, invece, sarà l'occasione per mettere su una grande festa.

Il suo album parla di inciampi, consapevolezze e scoperte. Cos'è cambiato dal suo incidente?
«Tutto. Non sono il primo ad aver avuto un incidenteccio, ma è la prima volta che è capitato a me. Lo sguardo si è spostato. Si è manifestata una vulnerabilità astratta che prima percepivo esclusivamente come ipotesi. Come questo sia finito nelle canzoni, poi, non so dirlo: sono nate nel periodo del recupero e custodiscono un desiderio di guarigione».

Come fa la sua musica ad attraversare le generazioni ea raccontarle, a rimanere senza tempo ma a farne parte?
«È un regalo di cui non ho meriti e su cui non ho un controllo. Credo che abbia a che fare con quello che sono, con gli interessi e le passioni che mi nutrono. Rimango curioso rispetto alla musica nuova, alla tecnologia, al mondo che cambia. Questa curiosità è probabile che finisca nelle canzoni e che sia condivisa da chi ha uno sguardo simile al mio. E quello non è uno sguardo che ha a che fare con l'età, ma che ha a che fare con la vita».

Cos'è, per lei, «grande da far paura»? E come fa a riconoscersi?
«Il mistero, quello che non si vede ma che si manifesta nelle forme più disparate. Lo potremmo chiamare Padre eterno, universo, ma non so dargli un nome. Ci fa sentire piccoli. Per fortuna viene in soccorso la musica. L'idea che delle frequenze, dei suoni ti commuovano, ti facciano piangere, ridere, ballare, rimane un enigma».

Nel pezzo «La grande emozione», dice che «la strada si traccia avanzando a colpi di vita e passione». Cosa c'è nel suo futuro? A chi deve questa determinazione?
«C'è la voglia di continuare ad esserci, di cavalcare questa mia esistenza. La determinazione la devo al fatto che dà dei frutti ei frutti, si sa, ti fanno venire voglia di seminare ancora. Se non avessi avuto riscontro, sarei stato meno determinato. Cadere e rialzarsi».

È il primo superospite di Sanremo. Un nuovo album, un nuovo tour. Uso i suoi versi: è questa la vita che sognava da bambino? Cosa direbbe ora a quel bambino per convincerlo a crederci?
«È molto di più della vita che sognavo da bambino. Io volevo fare musica, stare nel mondo dello spettacolo. Quel bambino lo ringrazierei perché ha avuto una bella idea a portarmi fino a qua. È stato lui. Esiste ancora: ci parlo, si manifesta come uno spiritello, mi gira intorno, mi fa lo sgambetto o qualche scherzo».

L'intervista-video qui

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