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Diagnosi tardiva, muore di malaria a 43 anni: il dramma di Matteo Gasbarri

Silvana Tempesta
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Morire di malaria, in Italia, nel 2023. È quanto accaduto a Roma, lo scorso 19 dicembre, all’ospedale Spallanzani. A perdere la vita Matteo Gasbarri, imprenditore di 43 anni attivo nell’estrazione mineraria. Un’attività che esercitava in Tanzania, dove con ogni probabilità ha contratto la malattia e da cui era appena tornato per trascorrere le festività natalizie. Dopo alcuni giorni dal rientro dal Paese africano, infatti, Matteo ha accusato dolori alla testa e febbre persistenti, tali da convincerlo a evitare cure fai da te e a rivolgersi direttamente, la mattina di sabato 16 dicembre, prima alla guardia medica, poi al pronto soccorso del Sant’Anna di Pomezia. Il viaggio però, raccontano i familiari, si rivela inutile. Dopo una lunga attesa per essere visitati, la malaria non viene rilevata, e Matteo esce dal pronto soccorso con esito «dimissione a domicilio» con una diagnosi di Otalgia all'orecchio e una prescrizione per una cura antibiotica.

Le sue condizioni, però, continuano a peggiorare. I genitori preoccupati decidono di chiamare un'ambulanza e viene dunque portato di nuovo al Sant’Anna di Pomezia dove i medici ipotizzano che sia vittima di un problema di tipo neurologico. È l’inizio di una vera e propria odissea sanitaria. Lunedì 18 dicembre Matteo deve essere mandato in un ospedale di Roma per un consulto, ma l’ambulanza si rompe durante il tragitto e si ritarda ancora il suo arrivo in ospedale perdendo altri minuti preziosi. Arriva infine al pronto soccorso del Sant’Eugenio. Il tutto senza che i familiari avessero idea di che fine avesse fatto, visto che l’ospedale continuava a chiamare, per informare degli spostamenti, il cellulare della vittima, in quel momento già privo di coscienza. Dai sanitari del Sant’Eugenio, finalmente, la famiglia capisce che si tratta di malaria, e l'ospedale pratica una prima terapia, purtroppo senza esito. Matteo deve essere mandato allo Spallanzani, ospedale attrezzato per le malattie infettive, ma non c’è posto per accoglierlo, è tutto pieno. Grazie alla fermezza di una dottoressa del Sant'Eugenio, si trova la sera stessa un posto.

Passano però altre ore fondamentali: deve venire l'ambulanza dello Spallanzani per trasportare Matteo dal Sant'Eugenio, e servono vari Fax e telefonate di conferma. Matteo arriva allo Spallanzani ormai a notte inoltrata, ma i medici non possono più salvarlo: muore martedì 19 dicembre, alle 5 di mattina. Una fine tragica che i familiari addebitano alla mancata diagnosi, annunciando l’azione legale. «La malaria oggi può essere curata facilmente ed efficacemente», dice il fratello maggiore della vittima, Adriano Gasbarri. «Purtroppo, però, Matteo si è trovato di fronte ad un sistema sanitario che non ha saputo tutelarlo: l’ipotesi malaria è stata prima ignorata e poi gravemente sottovalutata, fino a quando non è stato troppo tardi e non c’era più nulla da fare. E questo nonostante il personale medico fosse informato del fatto che Matteo veniva da un Paese a rischio come la Tanzania. Così si muore a 43 anni, in un Paese moderno. Non ci stiamo, non possiamo accettarlo. Daremo battaglia affinché vengano individuatele responsabilità di chi ha sbagliato».

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