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La colombiana si rifiuta di aiutarlo, ecco perché il killer di Prati l'ha uccisa

Augusto Parboni
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L'inchiesta sugli omicidi in Prati, giorno dopo giorno, si sta allargando. La procura, che coordina gli agenti della Squadra Mobile, starebbe infatti portando avanti diversi filoni d'indagine per chiarire cosa sia accaduto negli appartamenti in via Augusto Riboty 28 e in via Durazzo 38 la mattina del 17 novembre. Uno fa riferimento alla dinamica dei delitti, un altro punterebbe a far luce su chi possa aver aiutato Giandavide De Pau nelle ore che avrebbe passato vagando per la città prima di presentarsi nell'abitazione della sorella e della madre in via Esperia Sperani a Ottavia.

Un altro filone, invece, riguarderebbe il favoreggiamento della prostituzione e quello che infine fa riferimento al passato dell'ex autista del boss della droga Michele Senese. Quest'ultimo sarebbe collegato a precedenti atti di violenza sessuale che l'uomo, rinchiuso nel carcere di Regina Coeli in isolamento nel reparto Covid come da protocollo, avrebbe commesso ai danni di diverse prostitute.

 

A perdere la vita sono state due cinesi che lavoravano in un centro massaggi e una donna di 65 anni, Marta Castano Torres, che da oltre 10 anni riceveva clienti nel suo mini appartamento in un seminterrato in via Durazzo insieme alla sorella transessuale di 60 anni, che ha trovato il suo corpo senza vita. Dagli accertamenti degli inquirenti, è emerso che a perdere la vita per prime, intorno alle 10.50 di giovedì, sarebbero state le due cittadine cinesi in via Riboty, davanti al palazzo di Giustizia.

A questo punto ecco emergere nuovi elementi investigativi: Giandavide De Pau, considerato dagli investigatori il responsabile dei tre delitti, sarebbe salito in auto per andare nell'appartamento della donna colombiana, ai piedi di Monte Mario. Secondo le indagini, il presunto killer già conosceva la colombiana, mamma di una ragazza di 18 anni. Il collegamento tra la vittima di via Durazzo e De Pau sarebbe la cittadina cubana, Jessica, anche lei prostituta, con la quale avrebbe trascorso la notte di mercoledì: in base al racconto di De Pau, rilasciato agli investigatori negli uffici della questura, con la donna avrebbe consumato sostanza stupefacente.

Gli investigatori stanno verificando anche se il pregiudicato di 51 anni si possa essere presentato a casa della colombiana dopo aver commesso il duplice omicidio al primo piano del palazzo in via Riboty per chiedere un aiuto. A un ipotetico rifiuto la 65enne sarebbe stata uccisa. La sudamericana sarebbe stata infatti trovata senza vita seminuda in terra dalla sorella davanti la porta di casa: aveva una gamba fuori dall'ingresso del mini appartamento.

A questo punto l'uomo sarebbe risalito in auto, avrebbe provocato un incidente stradale, abbandonando l'auto, una Toyota IQ, iniziando il suo vagabondaggio per la città. Non è escluso che in quelle ore possa aver chiesto aiuto a qualcuno, legato alla criminalità con la quale per anni ha avuto contatti, ma senza ricevere risposte positive probabilmente per paura di essere coinvolti nell'inchiesta. Ma se anche fosse così, per la procura potrebbe comunque trattarsi di favoreggiamento poiché chi è stato chiamato non avrebbe avvertito le forze dell'ordine. Proprio questo è infatti uno dei filoni d'indagine sul quale sta indagando la magistratura. Dopo i delitti l'indagato sarebbe tornato in via Milazzo, dietro la stazione Termini, dove aveva passato mercoledì notte con la cubana. Qui si sarebbe fermato in un bar a bere, prima di raggiungere casa della madre e della sorella venerdì notte. E al centro dell'inchiesta anche la possibilità che l'uomo possa aver pagato la cubana per «coprirlo» durante la fuga. Un'ipotesi che costerebbe a Jessica l'accusa di favoreggiamento.

 

La Toyota IQ è stata ritrovata dagli investigatori in un deposito dopo essere stata portata via da un carroattrezzi. Sull'automobile sono ora in corso i rilievi della Polizia Scientifica. Giandavide De Pau, durante l'interrogatorio in Questura, avrebbe lamentato un forte dolore allo sterno chiedendo di fare una radiografia, probabilmente proprio a causa dell'incidente stradale.

Al centro delle indagini c'è ancora la caccia all'arma dei delitti, che non è stata trovata neanche nei cassonetti limitrofi ai luoghi degli omicidi. Non solo. Gli inquirenti stanno tentando di ricostruire anche ciò che il presunto killer possa aver fatto dal pomeriggio di giovedì, dopo il ritrovamento dei tre cadaveri, fino a quando è arrivato a Ottavia a casa dei parenti venerdì intorno alle 4 del mattino. Cioè due ore prima che gli agenti della Squadra Mobile lo fermassero mentre dormiva sul divano.

Sarà invece conferito domani l'incarico al medico legale per eseguire le autopsie sui cadaveri delle tre donne. I corpi di Marta Castano Torres, 65enne colombiana, e delle due donne di nazionalità cinese (una sarebbe stata identificata) si trovano da giovedì scorso all'istituto di medicina legale del Policlinico Agostino Gemelli. L'esame autoptico potrà chiarire anche se le ferite inferte alle tre donne siano riconducibili alla stessa arma. Intanto il pubblico ministero titolare dell'inchiesta ha formalizzato la richiesta di convalida del fermo e ora si attende che venga fissata l'udienza davanti al gip.

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